L'11 maggio 1981 moriva di tumore Bob Marley. Aveva 36 anni e le sue ultime parole rivolte al figlio Ziggy furono: "I soldi non possono comprare la vita". Prima star mondiale del Terzo Mondo, è stato qualcosa di più di un semplice musicista: non solo la figura più nota del panorama reggae, ma soprattutto ambasciatore di tutta un'isola (la Giamaica) e divulgatore di valori come libertà e uguaglianza.
Bob Marley è un'icona che continua a irradiare la sua potenza ad anni di distanza. "Tuff Gong", il soprannome che si era guadagnato nelle strade di Trenchtown, il ghetto di Kingston, è una figura unica nella storia musicale e non solo del '900. Difficile trovare nelle cronache della musica popolare un personaggio che sia riuscito a trasmettere un simile messaggio di fratellanza e di pace, a rendere così chiara la capacità trascendente di un concerto.
Venerato quasi come una divinità in patria, è stato mito in vita e dopo la morte è diventato leggenda. Quando fu sepolto, nella bara trovarono posto accanto a lui le sue due grandi passioni, la chitarra e il pallone da calcio.
E' quasi impossibile fare un elenco delle canzoni più belle e dense di significato di Marley: tra le tante, ricordiamo "I shot the sheriff", "Get up, stand up", "Stir it up", "No woman no cry", "Exodus", "Is this love", "Redemption song", "One love", "Catch a Fire".