Il canadese William Gadoury, quindicenne del Quebec, ha scoperto una città maya nella penisola dello Yucatan, in Messico. Studiando il posizionamento delle stelle e confrontandolo con le città costruite dalla civiltà precolombiana, il giovane è riuscito a individuare sulle mappe la fisionomia di un centro abitato di antica origine. In attesa della spedizione archeologica sul luogo, prevista per il 2017, William è stato invitato a parlare di questo ritrovamento davanti agli esperti dell’Agenzia Spaziale canadese, che hanno fortemente apprezzato l’operato del “piccolo genio”. Due scienziati italiani però mettono in dubbio la scoperta.
Partendo dalla teoria secondo cui il popolo precolombiano costruiva i suoi centri abitati seguendo la disposizione delle stelle, il ragazzino ha preso in esame le costellazioni con cui i Maya dividevano il cielo e le ha riportate su carta, notando così una relazione tra esse e i luoghi in cui sorgono 117 città - già conosciute per essere state costruite dall’antica civiltà. Analizzando la 23esima costellazione, composta da tre stelle, si è accorto che le città corrispondenti erano solo due: ne mancava dunque una, non ancora scoperta.
William allora ha ipotizzato che questa misteriosa città dovesse trovarsi in Messico, nello Yucatan. Forte della sua convinzioni, si è rivolto all’Agenzia Spaziale canadese che, colpita dalla sua teoria, ha deciso di mettergli a disposizione le mappe satellitari della penisola. William ha poi confrontato tali immagini con quelle di Google Maps, trovando alcune “anomalie” - nascoste nella giungla - riconducibili a strutture umane, tra cui una piramide e 30 abitazioni. Il piccolo scopritore ha ribattezzatto la città rinvenuta “Bocca di Fuoco”.
Il dottor Armand LaRocque, specialista di telerilevamento all'Università di New Brunswick, in Canada, ha spiegato come nell’indagine del ragazzino l’uso del radar sia stato fondamentale: "La scoperta di strutture umane nascoste nella giungla dello Yucatan non è stata facile, ma l'uso di immagini satellitari, così come il contributo di elaborazione delle immagini digitali, hanno contribuito a identificarle e confermare la loro possibile esistenza”.
Grazie ai soldi guadagnati con la sua scoperta, William avrà sia la possibilità di raggiungere l’International Science Fair - una esposizione internazionale su temi scientifici che si terrà in Brasile nel 2017 - ma anche di finanziare la campagna di scavo nello Yucatan.
I complimenti a William Gadoury da Le Journal de MontrealBravo William Gadoury, 4e secondaire à l’Académie Antoine-Manseau de #Joliette https://t.co/WLrEQQeUBk #Assnat pic.twitter.com/5anc24laDK
— CAQ_Joliette (@CAQ_Joliette) 8 maggio 2016
La scoperta però non sembra così scontata. Dalle pagine de "La Repubblica" arrivano infatti le dichiarazioni del professor Giulio Magli del Politecnico di Milano, astrofisico e uno dei maggiori esponenti italiani dell'archeoastronomia, la disciplina che studia le relazioni tra l'architettura delle civiltà antiche e la disposizione della volta celeste. Magli spiega l'inaffidabilità della teoria da cui il ragazzo è partito per le sue ricerche: "Nel caso dei Maya si tratta di una teoria del tutto inattendibile sotto il profilo scientifico. Le costellazioni dei Maya, fatta eccezione per lo 'Scorpione', non coincidono con quelle attuali. Oggi non sappiamo in che modo quel popolo 'riorganizzava' le proprie stelle nel cielo. Mancando tale presupposto, è impossibile pensare di riproporre quegli schemi in chiave terrena".
E a ribadire la smentita ci ha pensato il professor Davide Domenici dell'Università di Bologna, esperto in civiltà indigene delle Americhe, che spiega come abbia fatto a passare inosservata finora questa presunta città: "Tutto questo si spiega facilmente col fatto che nella selva ci sono centinaia di città nascoste. Volendo se ne potrebbe scoprire una al giorno. Inoltre nelle immagini satellitari circolate sul web pare di intravedere un campo di mais più che le vestigia di un insediamento". Non resta che attendere una pubblicazione ufficiale che possa fugare ogni dubbio.