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Leicester campione: trionfa la classe di Ranieri

Per qualunque altro allenatore, questo successo avrebbe il sapore della rivincita. Per all'allenatore italiano è "solo" il coronamento di un sogno

SportMediaset

Se è vero – come è vero – che la pazienza è la virtù dei forti, allora Claudio Ranieri assumerà presto le sembianze dell’incredibile Hulk. Magari qualche istante prima di volare a Los Angeles per girare un film sull’impresa più bella che il calcio abbia regalato ultimamente: la vittoria del Leicester City in Premier League. Un successo storico, inatteso, memorabile, che consente a Ranieri di candidarsi anche a recitare il ruolo del prossimo Robin Hood: le big del calcio inglese, il più ricco del pianeta, hanno raccolto gli scarti; lui, con poche frecce nella sua faretra, è andato a 40 chilometri da Nottingham (dove si vive di rugby, con i quotatissimi Tigers) e si è preso il malloppo intero.

Il miracolo si è avverato – Vincere la Premier, per una squadra come il Leicester, è davvero come andare a rubare nelle case dei ricchi. I 7 miliardi di euro entrati nella casse dei club dai diritti tv fino al 2019 (il triplo rispetto a Serie A e Liga), non sono chiaramente egualmente distribuiti (comunque meglio che in Italia, dove infatti le big hanno il “monopolio del successo”). Vichai Srivaddhanaprabha, nono uomo più ricco della Thailandia, e proprietario delle Foxes dal 2011 (quando acquistò il club per 40 milioni di sterline da Milan Mandarić), ha investito nel calcio una cifra infinitamente inferiore a United, City, Chelsea, Arsenal, Tottenham ect. Gli acquisti più costosi dell’ultima sessione di mercato sono stati Shinji Okazaki (attaccante giapponese ex Magonza) e N’Golo Kanté (23enne centrocampista francese ex Caen): poca cosa – sulla carta – per ambire a traguardi ambiziosi. Ma la notizia che ha cambiato davvero la vita ai tifosi è arrivata la scorsa primavera, quando Claudio Ranieri è stato chiamato in panchina. Da una tranquilla salvezza si è presto passati a sognare l’Europa; da sognare l’Europa si è passati a sognare la Champions League; dalla Champions al titolo, il passo è stato breve, quasi scontato. Eppure unico, quasi incredibile

L’impresa di Ranieri – Una carriera tanto lunga quanto tormentata, quella del tecnico romano. Spesso efficace, eppure criticato, a volte persino deriso (ricorderete José Mourinho che rimproverava gli zeru titoli al “sessantenne” non ancora sessantenne). Ma lui, british e galantuomo anche quando dorme, non si è mai scomposto. Mai una replica al veleno, mai una polemica fuori posto. Lavoro e conoscenza, conoscenza e lavoro. Fino al successo più bello dopo l’esperienza più brutta: quella da ct della Grecia (sconfitta in casa persino dalle Fær Øer).
La sua carriera, comunque, parla(va) per lui già da diverso tempo. Conosciuto il mondo professionistico al Cagliari nel 1988 (conquistata la Coppa Italia di Serie C, e doppia promozione con salvezza in A), la prima tappa importante fu al Napoli nel 1991/92: quarto posto e ritorno in Europa per i partenopei (prima dell’esonero). Volato alla Fiorentina appena retrocessa nel 1993/94, conquistò subito la vittoria in serie B; tornato in A, un decimo e un quarto posto. Arrivò, soprattutto, la doppietta Coppa Italia-Supercoppa italiana. Due grandi trofei festeggiati sobriamente, senza eccessivi trionfalismi. Alla Ranieri, insomma.
Poi, la Spagna. Eredita da Valdano il Valencia all’ultimo posto in classifica, e lo porta la nono posto (vincerà la Coppa Intertoto); poi un quarto posto (con Champions) e la vittoria in Coppa del Re.
Nel 2000, dopo una partesi all’Atletico Madrid, il primo viaggio in Inghilterra, al Chelsea. Passerà a Londra 4 anni: 199 partite e 107 vittorie. Lo sostituirà Mourinho, i cui successi faranno diventare Ranieri un elegante perdente (quando invece, evidentemente, era solo elegante). Nel 2004 il ritorno in Spagna, ancora al Valencia, al posto di Benitez: vincerà la Supercoppa europea prima di essere esonerato.


Il ritorno in Italia - Nel febbraio 2007, abbraccia il Parma. L’aver salvato gli emiliani gli vale la grande occasione: a giugno lo chiama la Juve, appena tornata in serie A. I campioni ci sono (alcuni addirittura campioni del mondo) ma lo squadrone di Fabio Capello non c’era più. Alcuni tifosi non gli hanno mai perdonato una frase forte, da quelle parti: “Allo scudetto pensino gli altri”. Eppure fece abbastanza bene, anche in Champions League (sbancò il Bernabeu grazie a una straordinaria partita di Del Piero). Sette partite consecutive senza vittorie, però, gli costarono la panchina a due partite dal termine del secondo anno bianconero. Un’anomalia a Torino, ancor più inspiegabile considerato con chi aveva a che fare la dirigenza pre-Agnelli. Lui, Ranieri, non alzò un sopracciglio. Tolse il disturbo e cominciò ad osservare dal divano quello che avrebbero poi fatto Ferrara e Delneri (un disastro dopo l’altro).
Nel 2009, la squadra del cuore e della sua città, la Roma. Subentra a Spalletti e sfiora il titolo. Lo batterà Mourinho con l’Inter (a 20 minuti dal termine del campionato); il 20 febbraio 2011, le dimissioni. A settembre sarà sulla panchina dell’Inter: prenderà il posto di Gasperini ma lo lascerà a Stramaccioni.
Nel 2012 va in Francia, al Monaco. Riporta il club monegasco in Ligue 1 con due giornate d'anticipo, poi arriva secondo dietro al Paris Saint-Germain ma viene esonerato. Ancora una volta. Ancora senza un perché. Reazioni? Macché. Lavoro e conoscenza, conoscenza e lavoro. In attesa di un’altra occasione. Che è arrivata lo scorso giugno.

Il traguardo di una vita – C’è chi sostiene che certe vittorie valgono doppie, altre triple. Non c’è dubbio che un titolo al Real, alla Juve, allo United, o al Bayern non sia esattamente come trionfare con il Leicester. La banalissima regola non era sfuggita nemmeno ai bookmakers inglesi che, per attirare qualche scommessa, avevano offerto il Leicester vincente a 5.000. Qualcuno, fatta la “pazzia”, adesso sogna ad occhi aperti. Quel qualcuno guadagnerà tante banconate; non tante, però, quante Ranieri. Claudio, infatti, lungimirante e sicuro dei propri mezzi, a margine del contratto triennale firmato, aveva anche previsto un premio per ogni posizione al di sopra della diciassettesima (qualificazione in Champions League e vittoria finale comprese). Ha sbancato. In tutti i sensi. Sarà impossibile dimenticare questa impresa. Il Leicester è campione d’Inghilterra. Il Leicester ha vinto la Premier League. E’ successo. E’ successo davvero. Con Claudio Ranieri in panchina.  Che ha avuto pazienza. E che adesso, forse, volerà davvero a Hollywood.

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