Spagna verso voto, re Felipe: nessun partito ha numeri per governare
Il sovrano ha reso noto che non proporrà un nuovo candidato. Di fatto l'annuncio apre la strada a nuove elezioni generali
"Non esiste un candidato con il sostegno per avere la fiducia in Parlamento". Lo ha detto re Felipe VI di Spagna al termine dell'ultimo giro di consultazioni tra i leader dei partiti, riferendo così sul fallimento dei colloqui in vista di un nuovo governo. E il Paese torna alle urne. Dopo il voto di dicembre, la legge spagnola dava tempo ai partiti fino al 2 maggio per formare un esecutivo. In caso contrario, il 26 giugno saranno indette nuove elezioni.
Re: "Non proporrò un nuovo candidato premier" - Re Felipe ha poi annunciato che non proporrà un nuovo candidato per chiedere la fiducia al Parlamento come primo ministro. Questo annuncio di fatto apre la strada a nuove elezioni generali.
Gli esperti prevedono che la campagna dai toni aspri sarà incentrata non solo sull'opposizione fra destra e sinistra, ma anche - all'interno dei singoli schieramenti - fra le formazioni "nuove",
Podemos e
Ciudadanos, e quelle istituzionali, che rischiano di vedersi sorpassare nelle preferenze dei rispettivi elettorati.
L'obbiettivo di tutte le formazioni è dunque quello di assumersi i meriti di aver cercato un accordo - o viceversa si aver rifiutato accordi palesemente insostenibili - scaricando sulle altre le responsabilità di un fallimento che appare collettivo, in uno scenario di frammentazione politica inedita in un Paese che dal 1982 ad oggi aveva espresso sempre delle chiare maggioranze.
Stando agli ultimi sondaggi un primo sorpasso, che non è riuscito a Podemos da solo nelle elezioni del 20 dicembre, potrebbe riuscire ad una coalizione con i comunisti di Izquierda Unida (Iu), che diventerebbe la prima forza della sinistra spagnola.
In base alla rilevazione di Metroscopia pubblicata dal quotidiano spagnolo El Pais, Podemos-Iu avrebbe il 20,8% delle preferenze contro il 20,1% dei socialisti; immutato il primo posto del conservatore Partido Popular, apparentemente immune agli scandali di corruzione e all'immobilismo politico e accreditato del 29% delle preferenze, contro il 17,7% dei rivali di Ciudadanos.
Rispetto al voto di dicembre scorso è proprio la
destra ad aver guadagnato qualche punto percentuale, soprattutto grazie a Ciudadanos (+3,8%), mentre nonostante l'impegno dimostrato per la formazione di un nuovo esecutivo il Psoe perde l'1,9% e Podemos e Iu insieme perdono il 3,6% (il -5,5% di Podemos è compensato in parte da un aumento di Iu, che ha raddoppiato i propri consensi fino ad arrivare al 6%).
Va notato che le percentuali non rappresentano necessariamente il numero dei seggi, data la complicata legge elettorale che tende a penalizzare i partiti minori; inoltre, a favorire una - ancora ipotetica - coalizione della sinistra radicale sono soprattutto gli elettori di Podemos, assai meno la base di Iu: dunque non è detto che i consensi dei due partiti si sommino.
I socialisti si vedono paradossalmente puniti dall'elettorato nonostante gli sforzi di Sanchez per trovare la quadratura del cerchio con un'alleanza tripartita, vanificati soprattutto dall'atteggiamento intransigente di Podemos; Sanchez è addirittura considerato il potenziale presidente del governo migliore fra i vari leader in campo, nonostante rischi di essere esautorato dal prossimo congresso del partito e di non arrivare alle prossime elezioni come candidato premier del Psoe.
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