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25 aprile, la Resistenza a lungo dimenticata dei martiri di Cefalonia e dei militari italiani

Il primo atto di ribellione contro i nazisti avvenne pochi giorni dopo l'8 settembre 1943 nelle isole greche dello Jonio. Un evento "rimosso" per parecchi anni che restituisce alla Liberazione una dimensione più ampia e condivisa

di Domenico Catagnano

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La Divisione Acqui era composta da poco meno di 12mila uomini. Era arrivata a Cefalonia e nelle altre isole dello Jonio nel febbraio del 1941 in seguito all'occupazione ordinata da Mussolini per presidiare alcuni punti strategici di quel tratto di mare. I militari della Acqui, pochi giorni dopo l'8 settembre 1943, rifiutarono di arrendersi ai tedeschi combattendo coraggiosamente. Pagarono carissimo e col sangue la loro scelta.

La memoria condivisa deve dare la giusta rilevanza a tutte le vittime della Resistenza

Non si è mai saputo con certezza quante siano state le vittime della violenza nazista. L'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia parla di 390 ufficiali e di 9.500 soldati morti tra combattimenti, rappresaglie, annegamenti, campi di prigionia e concentramento.
"La loro scelta consapevole fu il primo atto della Resistenza di un'Italia libera dal fascismo", affermò nel 2001 l'allora Presidente della Repubblica Ciampi visitando Cefalonia facendo riemergere, a quasi sessant'anni di distanza, una storia che l'Italia repubblicana aveva quasi dimenticato.

Dare risalto nel dopoguerra all'eccidio dei militari della Acqui, come scrive Aldo Cazzullo in "Possa il mio sangue servire", "non era utile a nessuno. Ai fascisti ricordava la ferocia tedesca, ai comunisti non interessava celebrare il coraggio dei militari e i democristiani non volevano aprire un contenzioso con la Germania". Invece anche quello che successe a Cefalonia e ai tanti militari che dissero no al nazifascismo restituisce alla Resistenza una dimensione più ampia, un coinvolgimento nel momento cruciale della storia italiana di quest'ultimo secolo che supera le ideologie per confluire in un unico ideale di libertà. Erano antifascisti e antinazisti i "ribelli della montagna", come antifascisti e antinazisti erano tutti quelli che hanno dato il loro contributo per riportare la democrazia nel Paese.

La memoria condivisa deve dare la giusta rilevanza a tutte le vittime della Resistenza, perché al di là della formazione politica e culturale, del ruolo, anche indossando una divisa o un abito talare, meritano in egual misura rispetto tutti coloro che sono stati uccisi perché volevano un'Italia libera dalla dittatura. Dal settembre 1943, in venti mesi, saranno circa 86mila i militari italiani uccisi per la loro resistenza al nazifascismo. Ricordarli rende ancora più forte il significato del 25 aprile.