BAGARRE IN AULA

Ddl acqua,via libera della Camera: protesta M5s durante la votazione

"Le gestione deve esser pubblica come hanno chiesto milioni di italiani", affermano a gran voce le opposizioni

Con 243 voti favorevoli, 129 contrari e 2 astenuti la Camera ha approvato il ddl sulla tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Il provvedimento passa ora all'esame del Senato. Durante la votazione c'è stata bagarre in Aula, con i deputati M5s che hanno esposto bandiere sul referendum sull'acqua pubblica mentre Sinistra Italiana ha applaudito. "L'acqua non si vende!", hanno urlato i 5 Stelle. La seduta è stata sospesa.

I deputati di Sinistra Italiana durante il voto finale hanno sventolato le bandiere del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua Bene Comune. "La gestione dell'acqua - affermano in una nota - deve essere pubblica come chiesto a gran voce da milioni di cittadini con il referendum del 2011. L'acqua è un bene comune, un diritto universale. Sinistra Italiana è contraria alla privatizzazione della gestione. L'acqua deve rimanere pubblica perché solo il pubblico è in grado mettere in atto quel processo virtuoso tra tariffe, spese di gestione e servizio. Il privato invece cerca solo profitti".

Civati: "Il ddl tradisce gli italiani" "La proposta di legge in discussione in aula per 'la gestione pubblica delle acque' così com'è tradisce l'esito del referendum del 2011, il più partecipato degli ultimi 15 anni. L'unico ad avere raggiunto il quorum". Lo aveva denunciato Pippo Civati, fondatore di Possibile, prima della votazione. "Il servizio idrico - ha sottolineato - non è più qualificato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, sottratto alla libera concorrenza e realizzato senza fini di lucro, ma come servizio pubblico locale di interesse economico, che continua ad essere affidato secondo le modalità previste dall'articolo 149-bis del decreto legislativo 152 del 2006, come già modificato dalla legge n. 164 del 2014 e ulteriormente dalle norme previste nel testo in discussione".

"Vuol dire che il testo prevede un'assegnazione in via diretta a società interamente pubbliche o partecipate dagli enti locali soltanto 'in via prioritaria'. In particolare, poi - ha spiegato- è soppresso l'articolo relativo alla ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato, particolarmente importante per rispondere al referendum del 2011, che prevedeva l'assoggettamento al regime del demanio pubblico di acquedotti, fognature, impianti di depurazione e le altre infrastrutture. Inoltre si sancisce l' impossibilità di separare la gestione e l'erogazione del servizio e il loro necessario affidamento a enti di diritto pubblico (specificando la loro mancata soggezione al patto di stabilità interno relativo agli enti locali)".

Modifiche importanti hanno riguardato anche il rilascio e il rinnovo delle concessioni, la cui disciplina viene rimessa a un decreto legislativo da adottare entro il 31.12.2016 e sul quale sarà importante vigilare. In definitiva, quindi, il testo sembra davvero non dare risposta ai milioni di italiani che hanno votato Sì nel 2011. Eppure la maggioranza, con la sua tradizionale capacità di ascolto, sta bocciando qualunque tentativo di miglioramento del testo". "Ricordiamo come - ha concluso- dopo la sentenza n. 199 del 2012, con cui la Corte ha dichiarato incostituzionale una normativa (sui servizi pubblici) simile a quella abrogata nel 2011, il legislatore dovrebbe fare particolare attenzione a dare adeguato seguito alla volontà popolare. Se anche non si profilasse l'incostituzionalità del testo, certamente il tradimento della volontà popolare è più  che manifesto".