Il vicepresidente di Confindustria, Ivan Lo Bello, è indagato dalla Procura di Potenza per associazione a delinquere. E' quanto emerge dagli atti dell'inchiesta sul petrolio in Basilicata. Per assicurarsi il controllo di un pontile nel porto di Augusta, secondo i pm, fu costituito un "clan" composto da Gianluca Gemelli, Nicola Colicchi, Paolo Quinto e lo stesso Lo Bello. L'ex ministro Guidi è stato definito "inconsapevole strumento" del suddetto clan.
Lo Bello: "Piena fiducia nei magistrati" - Ivan Lo Bello ha dichiarato di aver appreso "dalle agenzie di stampa di essere indagato dalla magistratura di Potenza". E ha aggiunto: "Ho sempre avuto piena fiducia nell'operato dei magistrati e chiederò alla procura di Potenza di poter essere sentito quanto prima per chiarire ogni cosa".
A Colicchi e Gemelli è attribuito il ruolo di "promotori, ideatori ed organizzatori", mentre Quinto e Lo Bello sono stati definiti "partecipanti". I pm sostengono che Quinto e Colicchi hanno inoltre "assunto un ruolo di cerniera col mondo politico". L'organizzazione faceva "leva, soprattutto al fine di ottenere nomine di pubblici amministratori compiacenti o corruttibili, sul contributo di conoscenze ed entrature politico-istituzionali acquisite in anni di militanza politica da Quinto e Colicchi".
Gli indagati - In tutto sono sette le persone indagate per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente in relazione alla concessione demaniale di un pontile nel porto di Augusta (Siracusa). Tra loro, oltre ai quattro sopra citati, figurano anche il Capo di Stato maggiore della Marina Giuseppe De Giorgi, Alberto Cozzo, Alfredo Leto e il contrammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto.
Riguardo alle nomine di pubblici amministratori "compiacenti o corruttibili", gli inquirenti fanno l'esempio di Alberto Cozzo, commissario straordinario del porto di Augusta, che è indagato e che ottenne la riconferma nell'incarico. Quinto è indicato negli atti dell'inchiesta come capo della segreteria della senatrice Anna Finocchiaro (Pd), Colicchi come componente dell'esecutivo nazionale della Compagnia delle Opere e con un ruolo nella Camera di Commercio di Roma.
La Guidi "strumento inconsapevole" del clan - Negli atti dell'inchiesta si legge che la stessa Federica Guidi "non aveva mancato di individuare come vero e proprio clan" l'organizzazione che aveva tra i componenti il suo compagno, Gianluca Gemelli (anch'egli indagato). La Guidi, che non è indagata ma "parte offesa", si è dimessa dalla carica di ministro il 31 marzo dopo gli arresti eseguiti nell'ambito dell'inchiesta sul petrolio in Basilicata.
Le pressioni sulla Guidi erano esercitate in particolare proprio da Gemelli in quelli che gli investigatori hanno chiamato "casi limite". Quando cioè, in particolare, Paolo Quinto e Nicola Colicchi "non riuscivano ad attivare per tempo i proprio canali 'politici'", Gemelli "ha assicurato comunque il raggiungimento dell'esito sperato", intervenendo direttamente sulla compagnia.