Un anonimo, che si dice membro della polizia segreta egiziana, ha inviato al quotidiano "la Repubblica" diverse mail accusando i vertici egiziani per la morte di Giulio Regeni. Le missive, che svelano tre dettagli delle torture inflitte al ricercatore italiano mai resi pubblici e conosciuti solo dagli inquirenti italiani, sono state acquisite dalla Procura di Roma. Che però frena: "Non hanno alcuna rilevanza penale".
Secondo l'autore delle mail, "l'ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza nazionale. Fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per 24 ore".
E proprio il nome di Shalabi viene fatto anche da fonti al Cairo de La Stampa, secondo cui l'Egitto intende "sacrificare" il generale (già condannato nel 2003 da un tribunale di Alessandria per aver torturato a morte un uomo e falsificato i rapporti della polizia, ma reintegrato dopo la sospensione della sentenza) nel nome dei buoni rapporti con l'Italia.
L'anonimo informatore di Repubblica, nelle sue mail, descrive anche ciò che accadde dopo il sequestro di Regeni: nella caserma di Giza, Giulio "viene privato del cellulare e dei documenti e, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell'Ambasciata italiana", viene picchiato una prima volta. Chi lo interroga "vuole conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando".
Quindi tra il 26 e il 27 gennaio "per ordine del ministro dell'Interno Magdy Abdel Ghaffar", Regeni viene trasferito "in una sede della Sicurezza nazionale a Nasr City". Tre giorni di torture non vincono la sua resistenza, e allora il ministro dell'Interno decide di investire della questione "il consigliere del presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l'ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari a Nasr City perché venga interrogato da loro".
Seguono torture sempre più violente fino alla morte del ricercatore italiano. Giulio allora "viene messo in una cella frigorifera dell'ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne. La decisione viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell'Interno, i capi dei due servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la Sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja".
"Nella riunione - conclude la mail inviata a Repubblica - venne deciso di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore. Il corpo fu quindi trasferito di notte dall'ospedale militare di Kobri a bordo di un'ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria".
La procura: "Nessuna rilevanza penale" - Per la Procura di Roma, che ha acquisito le mail, si tratta però "di un anonimo, uno dei tanti, in casi come questi di forte risonanza mediatica. Non hanno nessuna rilevanza giudiziaria". Secondo gli investigatori, inoltre, le mail inviate a Repubblica contengono una "molteplicità di imprecisioni nella ricostruzione dei fatti e soprattutto in riferimento agli esami autoptici". In sostanza la mail pubblicata "non verrà presa neanche in considerazione" dagli inquirenti così come stabilisce "la procedura penale italiana".