Lavoro e pandemia

Covid e imprese femminili, le donne puntano sulla resilienza

Pubblicati i dati della ricerca di Osservatorio Qvc, in partnership con InTribe

Come la pandemia ha influito sull'imprenditoria femminile? Qvc, il retailer multimediale dello shopping e dell’intrattenimento, tira le somme sull’impatto dell’emergenza sanitaria sulle imprese guidate da donne e presenta una nuova ricerca condotta da Osservatorio QVC, lo spazio dedicato alla ricerca e all’approfondimento, da cui emerge che in questo anno pandemico quasi il 43% delle italiane alla guida di un’impresa ha fatto leva principalmente sulla resilienza. Oltre il 56% delle intervistate ha dichiarato di avere intrapreso una o più azioni specifiche per migliorare o avviare l’utilizzo del digitale, portando il proprio business su piattaforme di e-commerce o sviluppando progetti di comunicazione online. Meno del 6% ha avviato una drastica riduzione dei costi.

Per comprendere meglio i dati emersi dalla ricerca di Osservatorio QVC, in partnership con InTribe essa stessa una realtà a conduzione femminile che si occupa di ricerche, è però necessario inquadrare la situazione delle imprese italiane guidate da donne. Nel Paese, il 96,8% di queste realtà rientra nelle microimprese con meno di dieci addetti, il 2,9% è rappresentato dalle PMI e solo lo 0,3% può essere definita medio-grande. Di tali aziende, il 63,6% ha sede nel centro-nord e il 36,4% nel centro-sud. Fra le startup innovative, meno del 13% è guidato da donne. Per quanto riguarda l’età, solamente l’11,3% è rappresentato da imprenditrici under 35. 

Cinque sono gli ambiti con prevalente gestione femminile, servizi alla persona, sanità e assistenza sociale, tessile e abbigliamento, istruzione, ristorazione e servizi turistici; anche se, tra il 2015 e il 2019, si è assistito a una crescita di imprese guidate da donne nei settori più innovativi come quelli scientifico/tecnici, dell’Informatica e delle telecomunicazioni.

Covid e imprese femminili - L’avvento della pandemia ha segnato un’importante battuta d’arresto per le attività al femminile. Il Mastercard Index of Women Entrepreneurs, per esempio, ha rilevato che nel mondo l’87% delle imprenditrici ha registrato un impatto negativo sul proprio business. Stando ai dati italiani, dall’approfondimento “Ripartire dalla risorsa donna” di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, emerge che le donne sono state le più colpite dall’emergenza sanitaria: nel secondo trimestre del 2020, il 55,9% dei posti persi apparteneva a una donna. I dati Istat sono ancora più drammatici: su 101mila lavoratori che hanno perso il lavoro a dicembre 2020, 99mila sono donne.

Le principali ragioni di tale recessione sono imputabili a quattro fattori. Spesso le imprese femminili sono molto piccole e con liquidità inferiore rispetto alle grandi imprese; sebbene sia comprovato che le aziende al femminile siano più stabili, le imprenditrici hanno minor accesso al credito e ai finanziamenti di capitale rispetto agli uomini. Inoltre, le donne operano mediamente nei settori maggiormente colpiti dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Infine, è subentrata una questione culturale tipicamente italiana: la chiusura e la trasformazione digitale dei servizi essenziali, come la scuola, ha imposto alle donne di occuparsi della famiglia, mettendo in secondo piano il lavoro.

L’attuale scenario sfidante ha aumentato la voglia di farcela delle imprenditrici italiane che stanno facendo sentire la propria voce e chiedono un cambiamento di passo in ambito sociale, economico e politico, come viene anche rilevato dalla ricerca di Osservatorio QVC.

I dati della ricerca - Su un campione di 216 imprenditrici alla guida di aziende di diverse dimensioni, rappresentate per il 51% da Millennial e Gen Z e il restante da Baby Boomers e Gen X, di cui il 56% del totale con meno di cinque anni di esperienza e il 44% con oltre cinque anni di attività, sono emersi anche altri dati interessanti riguardo ai temi di discriminazione, work-life balance, consapevolezza e leadership, inclusività e innovazione digitale. Il 60% delle intervistate dichiara di trovarsi sempre a dover combattere più di un uomo per avere successo; questa tematica è particolarmente sentita dalle imprenditrici meno giovani, con una quota pari 63% della categoria.

Riguardo all’equilibrio fra tempo dedicato al lavoro e vita privata, oltre il 51% afferma di averlo trovato. Tale balance, però, si raggiunge con l’esperienza: a dichiararlo sono, infatti, il 60% delle imprenditrici con più di cinque anni di pratica. Circa il 46% delle giovani vorrebbero avere più spazio per la vita privata, ma non riescono a ottenerlo. Infine, solo il 6,5% sul totale afferma che il lavoro viene prima di tutto. Sui temi di diversità e inclusività, il 75% testimonia che nel loro team vige la libertà di espressione relativa a tematiche culturali, di genere e di orientamento sessuale. Quando si parla di cultura aziendale, i valori maggiormente citati sono quelli della collaborazione, dell’empowerment e dell’empatia; nello specifico, per le più giovani i primi due sono prioritari rispetto al terzo.

Per quasi la metà delle intervistate, il momento in cui ha preso coscienza della propria leadership corrisponde con l’essere stata in grado di far crescere il team. Fra le risposte di quelle con meno anni di esperienza, emerge in seconda posizione, con una quota del 22%, che questo key moment ha coinciso con la sottoscrizione del primo accordo di finanziamento o di partnership. Per il 70% delle imprenditrici coinvolte, il fattore fondamentale della crescita come leader è determinato dalla capacità di saper scegliere le persone giuste; per il 37%, significa imparare a ispirare la squadra e per il 30% delle interessate si traduce nella capacità di delegare. Questo ultimo punto riguarda in particolare le imprenditrici più esperte poiché a una maggiore crescita dell’azienda corrisponde un’ulteriore necessità di demandare l’operatività quotidiana. Per il 30% delle under 40, inoltre, il consolidamento della propria leadership coincide anche con il grado di credibilità nella community. Relativamente allo stile di leadership, le junior adottano un atteggiamento visionario, mentre le senior puntano sulla condivisione con il 29% che attua un approccio democratico e il 25% uno stile istruttivo.

Per la quasi totalità delle intervistate, la qualità dei prodotti e l’autenticità del brand, seguiti dal tema dell’innovazione, sono i valori più efficaci per promuovere il marchio. La differenza emerge quando si parla di responsabilità sociale, che è prioritaria per le giovani imprenditrici, e di assistenza ai clienti, che è peculiare per le più mature. Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione, il 90% afferma che nei prossimi mesi utilizzerà almeno un canale social, prediligendo Instagram e Facebook, seguiti da Linkedin. Le imprenditrici più esperte tendono a concentrare gli sforzi su pochi mezzi che ritengono efficaci, anche se il 60% delle intervistate dichiara di utilizzare almeno tre touchpoint. Per l’85%, le azioni di pubblicità volontaria scaturite dalla soddisfazione dei clienti sono il mezzo di comunicazione più efficace, ma cresce fino al 50% la consapevolezza di quanto sia importante che l’imprenditrice stessa metta il proprio volto nelle attività di comunicazione.