Zona rossa e arancione: quali sono le regole per scuola e università?
Gran parte dell’Italia dal 15 marzo sarà zona rossa o arancione. Quali sono le indicazioni per chi frequenta la scuola o l’università
Con il nuovo decreto del Governo e con le conseguenti ordinanze del ministero della Salute, la seconda parte del mese di marzo sul fronte dell’emergenza sanitaria si preannuncia particolarmente delicato. Molte regioni cambieranno presto ‘colore’, passando nelle categorie più a rischio (rossa o arancione). Decisioni che, naturalmente, avranno effetti anche per il mondo dell’istruzione. La scuola, già nelle scorse settimane, ha visto inasprire le regole in quelle aree in condizioni particolarmente critiche, per via dell’aumento considerevole dei contagi: da lunedì 8 marzo, circa 2 studenti su 3 sono in Dad. Il prossimo aggiornamento non farà altro che costringere a seguire le lezioni da casa tantissimi altri studenti, anche di elementari e scuole dell’infanzia. Vediamo, ad oggi, quali sono le indicazioni per gli studenti delle zone rosse e arancioni, salvo (poco probabili) novità in arrivo con il decreto governativo. Quello che segue, dunque, è il quadro che è possibile trarre ad oggi sulla base di quanto stabilito dal Dpcm del 2 marzo. A delinearlo è il sito Skuola.net.
Scuola e università: cosa succede in zona rossa?
Con il passaggio in zona rossa, che avverrà per molte regioni Italiane da lunedì 15 marzo, chiuderanno le scuole di ogni ordine e grado, con il passaggio in Dad al 100%. Tuttavia, alcuni studenti potranno continuare ad andare in classe: sono gli alunni disabili o quelli che hanno bisogni educativi speciali, e tutti coloro che devono svolgere attività di laboratorio. Non si possono, invece, recare a scuola i figli dei lavoratori essenziali (medici, infermieri e poliziotti). Ad oggi manca, infatti, una norma che dia loro il lasciapassare. Possibile che, vista la situazione che si sta creando, ci sarà una ‘correzione’ da parte dell’Esecutivo.
Anche per gli studenti universitari, ad oggi, in zona rossa è già sospesa la frequenza delle attività formative e curriculari, che proseguono solo a distanza. Il Dpcm del 2 marzo - nell’ attesa di nuove disposizioni - specifica tuttavia che “i corsi di formazione specifica in medicina generale, nonché le attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie e le altre attività, didattiche o curriculari, eventualmente individuate dalle università, sentito il Comitato universitario regionale di riferimento, possono proseguire, laddove necessario, anche in modalità in presenza”.
Scuola e università nelle zone arancioni
Nelle zone arancioni la situazione è solo parzialmente diversa. Le scuole, qui, possono restare aperte, ma gli studenti delle superiori possono andare in classe dal 50% fino a un massimo del 75%. Secondo il Dpcm del 2 marzo, inoltre, può essere disposta la chiusura delle scuole direttamente dai Presidenti delle regioni o province autonome “nelle aree, anche di ambito comunale, nelle quali gli stessi Presidenti delle regioni abbiano adottato misure stringenti di isolamento in ragione della circolazione di varianti di SARS-CoV-2 connotate da alto rischio di diffusività o da resistenza al vaccino o da capacità di indurre malattia grave; la stessa misura può altresì essere disposta dai Presidenti delle regioni o province autonome in tutte le aree regionali o provinciali nelle quali l'incidenza cumulativa settimanale dei contagi sia superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti oppure in caso di motivata ed eccezionale situazione di peggioramento del quadro epidemiologico”.
Per quanto riguarda gli studenti universitari, loro dovranno attenersi alle decisioni degli atenei, salvo diverse indicazioni da parte dei Presidenti di regione, in quanto: “Le università, sentito il Comitato universitario regionale di riferimento, predispongono, in base all'andamento del quadro epidemiologico, piani di organizzazione della didattica e delle attività curriculari, da svolgersi a distanza o in presenza, che tengono conto delle esigenze formative e dell'evoluzione del quadro pandemico territoriale e delle corrispondenti esigenze di sicurezza sanitaria”.
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