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Kamikaze in Iraq,non è terrorismo

Milano, Pg ricorrerà in Cassazione

Aiutare l'invio di "volontari verso l'Iraq per combattere contro i soldati americani non può essere considerato attività terroristica". E' questa la motivazione del verdetto d'appello , che conferma l'assoluzione emanata dal gup Clementina Forleo nel 2005 nei confronti  del marocchino Mohamed Daki. Una sentenza che non va giù al sostituto pg di Milano Laura Bertolé Viale. Il magistrato, infatti, ricorrerà  in Cassazione.

I giudici della terza Corte d'assise d'appello di Milano hanno quindi assolto da tutte le accuse il marocchino Mohamed Daki, mentre hanno condannato altri due islamici per reati minori, scagionando tutti, però, dall'accusa di terrorismo internazionale (270 bis C.P.). Per l'estensore della sentenza, Rosario Caiazzo (che aveva anche annullato gli ergastoli inflitti in primo grado per la strage della Questura), le azioni terroristiche (gli imputati erano accusati di aver reclutato kamikaze che si immolarono in Iraq) sono da considerarsi tali, in un periodo di guerra, quando sono "atti esclusivamente diretti contro la popolazione civile". E i giudici, presieduti da Santo Belfiore, ritengono che i fatti addebitati a Daki e ai tunisini Ali' Toumi e Maher Bouyahia vanno dal febbraio al marzo del 2003, quando è  "provato" che collaborarono con l'egiziano Merai' e il mullah Fouad "aiutando i volontari musulmani a trasferirsi dall'Europa in Iraq per andare a combattere contro gli americani". In un periodo bellico, per la Corte; e, allora, se "un atto può essere definito terroristico in tempo di pace, anche quando determina solo un pericolo indiretto per la popolazione civile", in una situazione di guerra, per i giudici sono rilevanti solo "gli atti esclusivamente diretti contro la popolazione civile". La guerra, per i giudici, finisce "solo il 30 giugno 2004 (la strage di Nassiriya, non citata nella sentenza è del novembre del 2003), con il primo governo provvisorio iracheno".

Il sostituto pg, però intende passare al contrattacco e sottolinea almeno un errore "in diritto" nelle motivazioni, che erano state anticipate dal Corriere della Sera: quell' "esclusivamente", fa notare, "non rientra nelle nostre norme, né nella Convenzione Onu contro il terrorismo, né nel Protocollo europeo". Ma c'è di più: "Il terrorismo internazionale è un reato 'di pericolo', è punito anche prima che l'azione si verifichi e, pertanto, riguarda tutti: civili e militari". Altro rilievo, questa volta di carattere storico: il presidente degli Stati Uniti George Bush, che la guerra l'ha dichiarata, annunciò che era finita ben prima dell'insediamento del governo provvisorio iracheno. La parola, quindi, alla Suprema Corte che dovrà decidere se i tre imputati - che furono assolti dall'accusa di terrorismo internazionale in primo grado dal gup Clementina Forleo, con la sentenza che operò la discussa distinzione tra "terroristi" e "guerriglieri" che fu all'origine di non poche polemiche - siano o meno responsabili di 270 bis, nonostante, per i giudici milanesi, non sia sufficiente a provare le accuse per i singoli "reclutatori" la circostanza che "i volontari dall'Europa venivano inviati in campo di addestramento militare gestiti da Ansar Al Islam" e che questa sia una "vera e propria organizzazione combattente islamica".

Il giudice Forleo, da parte sua, non commenta la decisione dei giudici d'appello che, di fatto, pur in altri termini, conferma e amplia la sua sentenza che fu oggetto di svariati attacchi. "Rimane solo l'amarezza di quei giorni - si limita a dire -. Mi auguro che non accada mai più, e a nessun altro giudice, al di là dell'opinabilità delle sue decisioni".
C'è un'unica discrepanza tra il giudice d'appello Rosario Caiazzo e il gup Clementina Forleo: il primo ha giudicato valida un'intercettazione telefonica che la seconda aveva rifiutato assolvendo così gli imputati.

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