"Aveva tre opzioni sul piano lessicale. Ognuno ha il diritto di fare la propria scelta". Sulla querelle che ha investito Beatrice Venezi che sul palco del Festival di Sanremo ha chiesto di essere chiamata "direttore" e non "direttrice" d'orchestra, interviene l'Accademia della Crusca. Il presidente Claudio Marazzini sottolinea: "Può farsi chiamare come vuole nell'ambito della pluralità degli usi esistenti nella lingua italiana".
"Scegliendo la definizione 'direttore' Beatrice Venezi ha adoperato un maschile cosiddetto inclusivo o non marcato - spiega Marazzini - Una soluzione tradizionale, ben nota alla lingua italiana e che viene considerata tuttavia come una bestia nera da taluni, perché a loro giudizio non riconosce o occulta gli avanzamenti del dibattito di genere".
Sul piano propriamente lessicale, la Venezi aveva tre possibilità per definirsi: “Una più tradizionale (direttore) che però taluni accusano di essere ideologicamente arretrata; una declinata al femminile (direttrice) ed una più innovativa (direttora). Ognuno ha quindi il diritto di fare la propria scelta, ma non può pretendere di imporla agli altri in maniera assoluta, né può pretendere che lo faccia qualche istituzione".
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