Con un boom dei contagi da coronavirus, quasi a quota tre milioni, l'Italia si scopre ogni giorno più assediata dall'epidemia. Sono quattro le Regioni che rischiano di finire in zona rossa: Lombardia, Campania, Emilia-Romagna e Abruzzo. Altre cinque, invece, viaggiano verso la fascia arancione: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Calabria, Puglia e Lazio. Inversione di tendenza sul fronte vaccini: a fine marzo sono attese 15,6 milioni di dosi e altre 52,4 da aprile a giugno, quando dovrebbe partire la campagna per la vaccinazione di massa.
Il primo Dpcm di Mario Draghi, che sarà in vigore da sabato, viene considerato a Palazzo Chigi adeguato ad affrontare la risalita dei contagi, soprattutto perché offre agli amministratori gli strumenti per intervenire in maniera mirata e rapida laddove necessario, con la chiusura delle scuole e con altre zone "scure" locali.
Maggiori restrizioni - Venerdì il ministero della Salute inasprirà insomma le misure su diverse territori, tra cui la Lombardia, che ha proclamato da mezzanotte l'arancione scuro e ha registrato oltre cinquemila tamponi positivi in 24 ore. In bilico anche Campania, Emilia-Romagna e Abruzzo, che potrebbero aggiungersi in rosso a Molise e Basilicata. Calabria, che chiuderà tutte le scuole, Friuli Venezia Giulia e Veneto vanno verso l'arancione, mentre il Lazio resta fino all'ultimo tra giallo e arancione. Nelle Marche, dove già Ancona è zona rossa, da sabato stretta a Macerata.
La gestione della pandemia - Si attendono le mosse dei nuovi vertici della struttura emergenziale, il commissario Francesco Figliuolo e il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, che venerdì incontreranno le Regioni assieme ai ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini. La gestione della pandemia d'ora in poi sarà sul modello della Protezione civile, ovvero territoriale e tempestiva. Le notizie e i dati sembrano indicare che si sta inseguendo il virus, trainato dalle varianti, in primis quella inglese, invece di anticiparlo, e che la terza ondata è in pieno corso.
I numeri dei vaccini - Sono oltre un milione e mezzo in Italia le persone vaccinate che hanno ricevuto anche la seconda dose, il cosiddetto richiamo. Mentre complessivamente, secondo i dati del Ministero della Salute sono 4.841.993 le somministrazioni effettuate. E' stato superato il milione di somministrazioni tra gli over 80. Se le vaccinazioni, come dicono da più parti gli esperti, stanno andando a rilento, soprattutto per i ritardi nelle consegne, per la fine del mese è attesa un'inversione di tendenza.
L'arrivo di nuove dosi e l'immunizzazione di massa - Per gli ultimi giorni di marzo, stando al cronoprogramma del ministero della Salute, sono attese 15,6 milioni di dosi, altre 52,4 da aprile a giugno, quando dovrebbe partire la campagna per la vaccinazione di massa. E ancora quasi 79 milioni nel terzo trimestre, da luglio a settembre, e 28,2 milioni negli ultimi tre mesi dell'anno. Il timing riguarda solo le consegne e non la somministrazione, su cui invece stanno lavorando oltra al Ministero anche i neo nominati Commissario dell'emergenza e capo della Protezione civile.
L'Italia blocca l'export di vaccini AstraZeneca: è la prima nell'Ue - L'Italia di Mario Draghi è il primo dei 27 Stati membri dell'Ue a bloccare - di concerto con la Commissione Ue - l'export di vaccini prodotti da AstraZeneca. Nel caso specifico, oltre 250mila dosi confezionate nello stabilimento di Anagni e destinate all'Australia.
Il "no" di Mario Draghi - La mossa del premier italiano arriva sulla scia delle mancate consegne del colosso anglo-svedese, ridotte al 25% (cioè a quaranta milioni di dosi) nel primo trimestre rispetto a quanto si fosse impegnato a fare, e più in generale della penuria di immunizzanti nell'Unione. Una decisione in piena coerenza con la linea esposta dallo stesso Draghi al summit dei capi di Stato e di governo della settimana scorsa e sostenuta da vari leader, tra cui il francese Emmanuel Macron e l'olandese Mark Rutte: nel momento in cui c'è carenza di vaccini bisogna fare tutto quel che serve per aumentarne la disponibilità, agendo su tutte le leve, export incluso.
Ue "superata" dal Regno Unito - Lo stop all'export è stato invocato in base allo strumento varato da Bruxelles per controllare i movimenti delle fiale in partenza verso i Paesi terzi, proprio in risposta alle inadempienze di AstraZeneca. Nonostante infatti l'Ue avesse investito 870 milioni di euro nel contratto di pre-acquisto con il colosso anglo-svedese per avere dosi in stock pronte all'uso col via libera dell'Ema, si è ritrovata con un pugno di mosche, sorpassata a gran velocità da un Regno Unito che ha rivendicato per sé tutte le dosi prodotte nei siti britannici. Di fatto due dei quattro del contratto siglato dall'Ue.