LA SCHEDA

Variante brasiliana, gli studi dimostrano che reinfetta chi è già stato contagiato dal Covid

Si ritiene sia emersa a Manaus nel novembre 2020 per poi diffondersi in diversi Paesi

La variante brasiliana (P.1) del coronavirus è una di quelle che preoccupano di più gli scienziati. Si ritiene sia emersa a Manaus, in Amazzonia, nel novembre 2020 per poi diffondersi in diversi Paesi del mondo, tra cui l’Italia. E’ caratterizzata da una ventina di mutazioni, tra cui la “responsabile” delle reinfezioni anche dopo un precedente contagio e della riduzione dell’efficacia dei farmaci: la E484K. Posizionata sulla proteina Spike, infatti, questa mutazione darebbe al coronavirus la capacità di eludere gli anticorpi neutralizzanti, sia quelli dovuti alle infezioni naturali che quelli innescati dal vaccino. E' quanto dimostrano nuove indagini condotte in Brasile.

Gli studi - Le indagini vengono proprio da Manaus, una delle città del Brasile più colpite durante la prima ondata. Basti pensare che, secondo lo studio “Three-quarters attack rate of SARS-CoV-2 in the Brazilian Amazon during a largely unmitigated epidemic” pubblicato sulla rivista Science e coordinato da scienziati dell'Imperial College di Londra e della Facoltà di Medicina dell'Università di San Paolo, ha rilevato che circa tre quarti degli abitanti di Manaus è stato infettato dal coronavirus durante la prima fase della pandemia. Numeri che potevano garantire l’immunità di gregge ma che non avevano ancora fatto i conti con la nuova variante che ha portato una nuova ondata di infezioni. 

Elusione degli anticorpi e maggiore trasmissibilità - La variante brasiliana non è caratterizzata solo dalla capacità di eludere gli anticorpi ma anche una maggiore trasmissibilità. Dall’analisi dei campioni dei contagiati nelle ultime settimane è emerso che all’inizio di gennaio l’87% di essi era stato colpito dalla P.1, mentre a febbraio si è arrivati al 100%. Inoltre, gli scienziati ritengono che tra cento cittadini contagiati lo scorso anno tra i 25 e i 61 potrebbero essere stati reinfettati dalla variante brasiliana.

Tra le ricerche a sostegno di questa ipotesi c'è "Levels of SARS-CoV-2 Lineage P.1 Neutralization by Antibodies Elicited after Natural Infection and Vaccination" dei ricercatori del Virology Research Centre - Ribeirão Preto Medical School dell'Università di San Paolo. Gli esperti hanno esposto le particelle virali della variante brasiliana agli anticorpi di brasiliani infettati lo scorso anno. Anticorpi che avevano un'efficacia ridotta di sei volte rispetto a quella di altri ceppi. Non è tutto. Gli scienziati hanno rilevato che gli anticorpi indotti dal vaccino cinese "Coronavac" hanno un'efficacia limitata contro la variante brasiliana.

"Sembra esserci un numero crescente di prove che suggeriscono come la maggior parte dei casi associati alla seconda ondata possano essere effettivamente casi di reinfezione", ha detto al New York Times Nuno Faria, professore degli atenei di Londra e San Paolo. Si tratta comunque di indagini preliminari, sottolineano gli esperti, che aggiungono però di non sottovalutare l'importanza di rispettare rigorosamente le misure anti-contagio.