Sì alla protezione umanitaria, che apre alla permanenza "regolare" in Italia per i migranti con figli minori: tale fattore accresce la "vulnerabilità" e Viminale e giudici non possono ignorarlo. Lo sottolinea la Cassazione, accogliendo il ricorso di una mamma libica con due gemellini, nati a Brescia nel 2017, dopo l'arrivo in Italia. Viminale e Tribunale avevano detto no alla richiesta di protezione, la Corte Suprema ha ribaltato la decisione.
La versione della Cassazione - Dopo il no alla protezione del Viminale, anche per il Tribunale la donna era "senza particolari problematiche personali e familiari". Invece per la Cassazione i due bimbi "sono proprio una delle problematiche personali e familiari che il giudice doveva considerare".
Peculiare fragilità - Secondo la Cassazione, in base al principio di diritto depositato e al quale dovranno uniformarsi i giudici di merito e le Commissioni territoriali del Ministero dell'Interno, "la presenza della prole minore in Italia si risolve in una condizione familiare idonea a dimostrare da un lato una peculiare fragilità, tanto dei singoli componenti della famiglia che di quest'ultima nel suo complesso, e dall'altro lato uno specifico profilo di radicamento del nucleo sul territorio nazionale, in dipendenza dell'inserimento dei figli nei percorsi sociali e scolastici esistenti in Italia, e quindi della loro naturale tendenza ad assimilare i valori e i concetti fondativi della società italiana".
La vulnerabilità va presunta - Inoltre, la Cassazione ha ordinato al Tribunale di Brescia di "rivalutare" il caso tenendo presente che "ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, la presenza di figli minori - la cui vulnerabilità va presunta fino a prova contraria dovendosi dare primario rilievo al danno che deriverebbe loro per effetto del rimpatrio in un contesto socio-territoriale con cui il minore non abbia alcune legame - rappresenta uno degli elementi che devono essere considerati nell'apprezzamento circa la sussistenza della vulnerabilità del genitore".
Il caso della mamma libica - Il ministero dell'Interno si era opposto all'accoglimento del ricorso della mamma libica - la signora V.L., arrivata in Italia nel 2017 e difesa in Cassazione dall'avvocato Massimo Gilardoni - e tramite l'Avvocatura dello Stato aveva chiesto la conferma del decreto emesso dal Tribunale nel giugno 2019 che avrebbe aperto le porte al rimpatrio di mamma e gemellini.