l'intervista

Codogno, un anno dopo | Un volontario della CRI: "Ho visto malati salutare i loro cari, temendo di non tornare più a casa"

"Ho visto tanta sofferenza. Ma la pandemia mi ha dato più forza per continuare a dare tutto me stesso per gli altri", racconta il 60enne Massimo Rocca a Tgcom24

Un anno fa, la sera del 20 febbraio 2020, mentre a Codogno veniva accertato il primo caso di Covid-19, Massimo Rocca - 60 anni, da 5 volontario della Croce Rossa nel paese nella Bassa Lodigiana - si trovava in sede per l’inaugurazione di un nuovo corso di volontari. Lui e i suoi colleghi non sapevano che da quel momento la loro vita sarebbe totalmente cambiata. "Dalla mattina dopo è iniziato l'incubo - racconta a Tgcom24 -. Ho visto tanta sofferenza: persone che salutavano i propri familiari non sapendo se sarebbero mai tornati a casa. E' stato un anno incredibile per tutti".

Qual è stata la prima reazione quando avete appreso del "paziente 1"?
Incredulità totale. Prima di quel 20 febbraio si sentiva parlare di Wuhan, si pensava a una cosa così lontana, quasi irreale. Poi è iniziato l’incubo. La mattina del 21 c'è stata una chiamata generale in sede. Tutti i volontari dovevano essere disponibili. Da quel momento l'evoluzione è stata rapida e incredibile. Il volume di uscite è triplicato. Basti pensare che nei primi 120 giorni d'emergenza sono stati effettuati 2.200 interventi e percorsi qualcosa come 150mila chilometri. Tuttavia, nonostante l'incredulità, posso dire che eravamo pronti e determinati ad aiutare chi aveva bisogno. Tutti i volontari sono stati speciali, coraggiosi. Quasi incoscienti direi, perché potevamo essere noi la prima fonte di contagio in famiglia.

Poi in quella che è stata ribattezzata la Wuhan d'Italia è arrivata la zona rossa…
Sì, non sembrava vero. Noi come Croce Rossa entravamo e uscivamo da Codogno per trasportare i pazienti negli ospedali e ci rendevamo conto che a distanza solo di qualche chilometro sembrava di vivere in un altro mondo. Provavamo un'"invidia" pazzesca vedendo le altre persone passeggiare tranquillamente a soli 10 minuti di distanza da noi.

Codogno, un anno dopo: com’è la situazione adesso?
Inizialmente, non ci aspettavamo un'evoluzione del genere, soprattutto per quanto riguarda le uscite: triplicate e caratterizzate da vestizione e sanificazione. Ora la situazione è più gestibile. Le nostre uscite attuali non sono quelle della prima ondata. Eppure, quando ci sembrava tutto più tranquillo sono arrivate le varianti. Questo ci sta un po' demoralizzando. Speriamo non si torni al punto di partenza. 

Com'è cambiata la sua vita da quel 20 febbraio?
Ho visto tanta sofferenza. Persone stare veramente male. Ho perso un collega. Ho vissuto il dolore. Quando aprivamo le porte delle case altrui trovavamo tanta tristezza. E’ stato straziante vedere le persone salutare i loro familiari perché poi non sapevano se sarebbero tornati a casa. E noi fino all’ospedale eravamo il loro unico conforto. Cercavamo di consolarli il più possibile. Tuttavia, quello che è successo paradossalmente è stato un arricchimento. Mi ha dato più forza per continuare a dare tutto me stesso per gli altri.