TALENTO EMERGENTE

Il Tre: "Con 'Ali' ho creato un angolo sicuro per chi fatica a trovare il proprio posto del cuore"

Il rapper romano ha pubblicato il suo album di esordio. Tgcom24 ne ha parlato con lui

di Massimo Longoni

E' uscito “Ali - Per chi non ha un posto in questo mondo”, l’atteso album di esordio de Il Tre, nome d’arte di Guido Senia, rapper (anche se una definizione stretta nel suo caso è riduttiva), che negli ultimi due anni si è imposto all'attenzione con il suo modo di raccontare le proprie fragilità. "Questo album è un angolo sicuro per tutti coloro che fanno fatica a trovare il proprio luogo del cuore" dice a Tgcom24.   

Romano, classe ’97, nel giro di poco tempo Il Tre si è imposto grazie alla sua scrittura intensa ed originale. Raccontando le proprie fragilità è stato capace di dare voce a quei ragazzi che non hanno la forza di urlare. Il Tre unisce scrittura e talento anche interpretativo, con un flow e una tecnica oggigiorno sempre più rare, capace di sfoggiare extrabeat da fare invidia a nomi internazionali. Rivelatosi nel 2016 vincendo il contest "One Shot Game", nel 2018 ha iniziato a diventare popolare grazie al mixtape "Cracovia Vol. 2" e al singolo "Bella Guido". Ora arriva al primo album, realizzato con una major, la Warner, e a tre giorni dalla pubblicazione i risultati confermano tutta l'attenzione che c'è intorno a lui: entrato al n.1 di Itunes e Apple, ha piazzato 13 brani nella top50 di Spotify e le copie Amazon sono andate esaurite. "Ali" contiene 15 brani con varie collaborazioni: da Clementino a Emis Killa, a Mostra, Nayt e Vegas Jones. "Sono molto emozionato e teso - dice a Tgcom24 -. E' stata una cosa che mi è scoppiata in mano. Ovviamente è una cosa piacevole ma è stato un grande salto e il lancio di quest'album ne è la conferma". 

Che obiettivi ti eri prefisso quando hai iniziato a fare musica?

A dire il vero nessuno. Ci ho messo tutto me stesso perché era quello che volevo fare. Ho sempre voluto fare musica e arrivare a più persone possibili e farle rispecchiare in quello che scrivevo. L'ho fatto più per un piacere mio.

Da "Bella Guido" a oggi cosa è cambiato?

Tutto. Quello era ancora il periodo del mixtape, non ero ancora sicuro di me, non sapevo cosa avrei concluso da lì a qualche mese. Adesso ci sono più certezze, il mio pubblico si è allargato enormemente e quindi mi sento anche più tranquillo da quel punto di vista.

Nei giorni scorsi hai postato su Instagram un video di te ragazzino sottolineando come all'epoca fosse pieno di paure, con lo sguardo basso, mentre oggi ti senti le spalle forti. Quanta fatica ti è costata sconfiggere quelle paure?

Tanta, perché si è trattato di mettersi in gioco al cento per cento. Devi guardare in faccia le tue preoccupazioni, i tuoi timori, e devi batterle, perché altrimenti è inutile che tu ti sia messo in gioco. Mi è costato tanto ma lo rifarei perché oggi sono un'altra persona, molto più sicuro di me. E ho dimostrato che quello che facevo non era solo finzione.

Cosa ha cambiato nell'approccio al lavoro pubblicare con una major?

Ovviamente c'è molta più professionalità. Mi sono trovato bene perché lavoravamo tutti per lo stesso obiettivo. Ovviamente essendo una cosa molto più seria di prima ci sono dietro più teste che pensano però si cerca sempre di mantenere la spontaneità. Soprattutto la cosa fondamentale è non perdere mai il focus, l'obiettivo.

E per te qual è l'obiettivo da non perdere?

Cercare di far sì che il disco e la musica vengano capiti. Non vorrei mai che venisse preso come un prodotto di plastica. Tengo molto al mio lato vero.

Nel mondo del rap la credibilità è particolarmente importante. Hai avvertito il rischio di perderla facendo un salto così grosso?

Credo che ognuno possa fare quello che vuole se lo fa con criterio. Non c'è pericolo di sbagliare quando una cosa viene fatta con il cuore. Come quando sono passato da "Cracovia" a "Te lo prometto", brano con cui si chiude "Ali". Sapevo che il pezzo sarebbe piaciuto perché l'ho fatto perché volevo farlo e non per vendere qualche copia in più.

I temi delle tue canzoni, così intimi, ti differenziano da molti altri esponenti della scena. Come è cresciuto il tuo modo di scrittura?

Sono maturato a livello umano e di conseguenza a livello di scrittura. Mi approccio diversamente a un brano rispetto a come facevo due o tre anni fa. Cerco di prendere la mira meglio di come la prendevo prima. Voglio mirare dentro le persone che mi seguono. Ma il modo di espormi è totalmente cambiato.

Come sono nati i tanti feat del disco?

Sono nati da situazioni che si sono create. Alla base c'è un rapporto di stima, poi chiaramente i pezzi mettono un po' il sigillo. Fare un brano con un altro artista, se non ci sono motivi discografici strani, è proprio un segno di rispetto. In questo caso non c'è niente di costruito. Sono basati su rapporti umani veri.

Tempo fa avevi raccontato di come Gemitaiz fosse stato un modello per te e di come e sognavi un feat con lui per il futuro. Non è ancora il momento?

Questa esigenza non c'è, perché non abbiamo calcato la mano. Se in futuro dovesse arrivare io sarò estremamente contento ma se non dovesse capitare mi piace pensare che va bene così. Comunque lui rimane quello che è e se io sono su questa strada è anche grazie a lui. Per il resto va bene così.

Il tuo disco si intitola "Ali". Se ne avessi un paio dove vorresti volare?

Vorrei scappare dalle cattive vibrazioni che mi prendono, come prendono il 99% degli adolescenti che passano dei momenti un po' duri. Questo album è un posto sicuro per tutti coloro che fanno fatica a trovare il proprio posto del cuore.   

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