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L’angoscia di restare single per sempre: si chiama anuptafobia

Lo stato di “sfidanzati” può diventare una fonte di ansia e di ossessione: che cos’è e come evitarla

Istockphoto

È conosciuta anche con il nome di “Sindrome di Bridget Jones”: l’anuptafobia è la paura patologica di non riuscire a trovare un compagno con cui dividere la vita. In tempi di pandemia, poi, tra restrizioni di ogni genere e con la chiusura della maggior parte dei consueti luoghi di incontro, è davvero difficile per chi è single fare nuove conoscenze o frequentare i pochi nuovi amici. L’ansia e il senso di solitudine degli “sfidanzati” è quindi ben comprensibile, ma qualcosa si può fare per non caderne vittima.

ANUPTAFOBIA: CHE SIGNIFICA – La parola suona difficile: in effetti deriva dall’unione di alcuni termini latini e greci: a- "senza", nuptus "matrimonio" e phobia, “paura”, quindi nell’insieme è la paura di non arrivare alle nozze, o per lo meno a un rapporto sentimentale stabile. Un termine ostico per descrivere un timore in realtà semplice e anche piuttosto diffuso: l’ansia di rimanere senza partner per sempre e, magari, di non riuscire a formare una famiglia e avere dei figli. Quando questo timore si trasforma in pensiero fisso e ossessivo, si parla di anuptafobia in senso proprio. Il disturbo viene osservato dal mondo medico da una decina d’anni a questa parte: prima, dato che il problema è vecchio quanto il mondo, era classificato tra le dipendenze affettive e tra i disturbi ansiosi ed ossessivi. Naturalmente, si parla di fobia solo nei casi davvero gravi, cioè quando il timore di non trovare un compagno genera uno stato di angoscia insopportabile e costante, associato a stati depressivi- compulsivi che spingono la persona a legarsi continuamente a partner sbagliati, oppure a non avere la forza di troncare un legame insoddisfacente o addirittura tossico pur di non ritrovarsi soli. Gli stati realmente patologici sono legati di solito a traumi infantili da abbandono e sono ristretti a un numero contenuto di soggetti; sono però numerosi quanti vivono con disagio il proprio stato di single e che farebbero di tutto per uscirne, proprio come capitava alla goffa e irresistibile Renée Zellweger nei panni di Bridget Jones, tanto che l’anuptafobia viene definita spesso anche come sindrome di questo personaggio. 

I SINTOMI – Spesso chi soffre di questo disagio vive il proprio stato di single come un vero pensiero fisso, associato a senso di colpa e di inadeguatezza. La bassa autostima e la volontà di fare “qualsiasi cosa” pur di trovare un compagno spinge ad accontentarsi di flirt temporanei, anche con partner evidentemente inadeguati, ma ai quali ci si rassegna pur di non restare soli. Questo genere di ansia, anche quando si incontra un partner accettabile, può rendere molto difficile costruire un rapporto equilibrato, basato sulla fiducia reciproca anziché sulla dipendenza e sull’autoannientamento. Quando invece una storia non funziona e si decide di interromperla, spesso non si arriva a una rottura definitiva, ma tutto resta per così dire in stand by. Il disagio colpisce più le donne che gli uomini, soprattutto nella fascia fra i 30 e i 40 anni. 

COME USCIRNE – Come avviene spesso in casi del genere, il fatto di essere consapevoli del problema e di avere la volontà di uscirne è il primo importante passo. Farsi aiutare è quasi indispensabile: nei casi “importanti” la strada giusta è l’aiuto di un terapeuta, per individuare le radici del problema e trovare la via per affrontare ansie profonde e timori che risalgono a un passato anche lontano. In tutti gli altri casi è sufficiente il supporto della rete di amici, purché fedeli ed equilibrati. Alcuni pensieri che possono aiutare a vivere più serenamente il proprio stato di single sono questi:


- Il mondo non è diviso in due categorie: chi è in coppia e chi non lo è. 
- Non è vero che la vita abbia senso solo se la si vive in due: la felicità e il benessere personale risiedono in noi stessi e dipendono solo da noi, 
- La vita in coppia sembra migliore e preferibile a quello di chi e single anche per effetto di un retaggio culturale vecchio di secoli: le zitelle di una volta non esistono più, liberarsi di questo timore non è semplice ma è possibile. 
- Essere single non è una colpa, né un fallimento personale o sociale.
- Con un po’ di aiuto è possibile superare i timori e instaurare con il partner un rapporto sano e costruttivo, in cui ciascuno conserva i propri interessi e la propria indipendenza. 
- Il corteggiamento non è un optional, ma una fase che non va “saltata”: è bello prendersi del tempo per capire se la persona che ci sta davanti è davvero adatta a noi e capace di renderci felici.
- L’autostima è l’arma vincente per stare bene con noi stessi e liberarci dalla dipendenza dagli altri. Non dobbiamo mai smetter di costruirla. 
- Il vecchio detto “meglio soli che male accompagnati” è pienamente valido: l’ennesimo legame fallimentare nella migliore delle ipotesi ci fa perdere tempo e ci allontana dall’incontro con un compagno davvero “giusto” per noi. 
 

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