Tra le priorità dichiarate del nuovo ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, c'è quella di riportare il prima possibile tutti gli studenti in classe, in presenza al 100%. Il riferimento è soprattutto a quelli delle scuole superiori, ancora oggi costretti a dividersi tra lezioni 'dal vivo' e 'a distanza'. Inoltre, sebbene in teoria nell'ultimo mese tutti quanti dovrebbero aver fatto almeno qualche giorno di scuola in presenza, nei fatti ciò non avvenuto. E gli altri? In che condizioni sono tornati? Con quali regole? Per fare un bilancio dell'ennesimo tentativo di riapertura generalizzata delle aule, il portale Skuola.net ha interpellato 6mila alunni di licei, istituti tecnici e professionali. Ecco, dunque, qual è la situazione che Bianchi riceverà in eredità.
Scuola in presenza, per molti ma non per tutti
La ricerca ha preso in esame le risposte degli alunni di tutta Italia dal 5 al 12 febbraio. Perché, con il ritorno il classe dei ragazzi della Sicilia, si è completata ovunque la riapertura delle superiori, dopo quasi tre mesi di stop alla didattica in presenza. Ma, stando a quanto riportano, quasi 1 studente delle superiori su 10 dice di non aver ancora potuto mettere piede a scuola. Il motivo principale? La paura del contagio: il 41% è stato fermato dai genitori, che non si fidano di far tornare il figlio a scuola; nel 7% dei casi sono i ragazzi stessi a non voler tornare. Ma in 1 caso su 3 è stata la scuola a non essersi ancora organizzata a dovere. Quasi tutti, comunque, sono tornati. Anche se, tra questi ultimi, 1 su 7 dall’inizio di gennaio a oggi è stato già fermato e messo in quarantena per via di casi di Covid a scuola.
Il rompicapo dei turni in Dad
La regola generale prevede una quota di lezioni in presenza di almeno il 50% del monte ore, eventualmente esteso fino al 75%. Questo significa che le scuole devono dividere gli iscritti. In che modo lo hanno fatto? La formula più adottata (60%) è quella che vede un'alternanza in blocco delle aule: si sta tutti in aula o tutti online, facendo ruotare le varie classi. Il 32%, invece, ha assistito a una divisione in gruppi: a seconda dei giorni, una parte della classe va a scuola mentre gli altri seguono da casa. Per l'8% il 'taglio' è stato doppio: sia le classi che, al loro interno, gli alunni si avvicendano sui banchi. Alla fine, perlomeno nelle prossime settimane, 2 su 3 vedranno un giusto bilanciamento di lezioni in presenza e online; per l’11% ci saranno più giorni in classe, per il 17% più giornate a casa; il 6% dice che non c’è una proporzione prestabilita.
Trasporti, il nodo resta
E poi c'è il grande nodo: i trasporti. Un tema che riguarda da vicino oltre la metà degli studenti delle superiori, con oltre il 90% di loro che prima dello stop viaggiava su mezzi che non garantivano il distanziamento. Le amministrazioni locali avranno approfittato dei mesi di chiusura delle scuole per aggiustare il tiro? Non proprio, visto che solo per 1 su 4 la situazione è nettamente migliorata. Per la maggior parte (36%) è stato fatto giusto qualche passo in avanti, per il 24% la situazione è identica a prima, per il 18% è addirittura peggiorata.
Scuola al pomeriggio, ora corta, ingressi scaglionati, lezioni al sabato: la situazione
Non tutte le opzioni previste, a livello locale, per alleviare il carico sul sistema dei trasporti, sono state alla fine applicate. Ad esempio, tra le possibilità date alle scuole per gestire i flussi di studenti c'è quella di istituire un doppio turno di lezioni: uno che indicativamente andava dalle 8 alle 14, l'altro che iniziava alle 10 e si prolungava fino alle 16. Una soluzione che, però, è stata adottata da una minoranza: per il 55% dei ragazzi, infatti, l'orario è rimasto quello di sempre. Anche perché, in alcuni territori, i tavoli con i prefetti non avevano previsto questa opzione.
In più, per evitare gli assembramenti all'ingresso, gli istituti possono assegnare degli orari d'entrata puntuali e differenti a singoli gruppi di alunni (ad es. tra le 7:45 e le 8:00): anche qui, però, solo 1 su 2 ha dovuto modificare le proprie abitudini.
Ma anche per chi ha visto introdurre dei turni differenti, spesso poco è cambiato rispetto al passato: il 42% va sempre di mattina, una quota simile fa giusto qualche giornata lunga, appena il 16% deve trattenersi sempre dopo pranzo.
Lo stesso si può dire per un altro capitolo molto discusso delle nuove regole: l'ipotesi di far fare scuola pure al sabato per spalmare meglio le classi sulla settimana. Un invito, anche questo, caduto quasi ovunque nel vuoto: solo 1 studente su 10 ha dovuto fare per la prima volta i conti con questa novità; per 1 su 3 nessun cambiamento. Ma va detto che 6 su 10 già prima della pandemia facevano lezione di sabato.
Spaccatura netta anche sull'orario effettivo delle singole lezioni. Si è suggerito alle scuole di accorciare l'ora a 45-50 minuti, soprattutto per permettere l'aerazione delle aule e gli eventuali spostamenti in sicurezza tra le classi. Solo 1 su 2 l'ha fatto. Eppure è dimostrato che un buon ricambio d'aria è un passaggio fondamentale per combattere il virus. Nessun allarme: praticamente tutti gli studenti (tranne un esiguo 2%) stanno in aule ben areate.
Aria buona (ma fredda) in classe
Spesso anche troppo, con 1 studente su 4 a rischio congelamento: il 27%, infatti, dice che la scuola obbliga a tenere le finestre aperte per tutto il giorno, nonostante il freddo. Per fortuna, gli altri hanno trovato un buon compromesso: il 51% deve far circolare aria a ogni cambio d'ora e comunque ogni volta che l'aria diventa viziata, il 13% lo può fare quando serve senza indicazioni fisse, al 7% la scuola ha addirittura messo a disposizione un sistema che permette il ricircolo dell'aria anche con le finestre chiuse.