Niente testi, foto e video, tutto si basa sulle stanze sonore, così si preserva la privacy. Clubhouse è una piattaforma live, solo audio, dove le persone si riuniscono per discutere una varietà di argomenti. Non ci sono commenti o messaggi scritti: tutta l'interazione è basata sulla voce e nulla viene registrato. A differenza dei più famosi Facebook, Instagram e Twitter, l'unico contenuto fruibile sono dunque tracce sonore, un enorme contenitore di podcast. Per aderire bisogna avere almeno 18 anni, possedere un iPhone ed essere invitati.
Un'app per Android è in via di sviluppo anche se non si sa quando verrà pubblicata sul Play Store. Appena dentro, si arriva in una pagina dove esplorare le diverse stanze create dai contatti. Questa sezione è curata in base agli interessi e alle persone che si seguono, indicate subito dopo la fase di iscrizione. L'ingresso, almeno per il momento, è solo su invito e richiede la registrazione con il proprio numero di cellulare. Se si conosce già qualcuno dei propri contatti all'interno dell'app, si può chiedere di sbloccare l'accesso.
Una volta accettati, per volontà dei vari organizzatori, ci si unisce al pubblico come ascoltatore, con microfono disattivato. I moderatori della stanza possono intervenire a loro piacimento, così come può farlo ogni partecipante, cliccando l'icona per "alzare la mano", in maniera molto simile a quanto avviene su Zoom, Teams e Meet. Nonostante i numeri citati dall'azienda, il sistema ad inviti e l'età relativamente giovane dell'app, lanciata ad aprile 2020, la rendono ancora un social network per pochi. Eppure promette di eliminare, in partenza, quei problemi di privacy che attanagliano da tempo i colossi del digitale.
Ideata in piena pandemia da Paul Davison e Rohan Seth, rispettivamente ex dipendenti di Pinterest e di Google, Clubhouse ha ottenuto un finanziamento di circa 100 milioni di dollari dalla società di venture capital Andressen Horowitz, per una valutazione complessiva di oltre 1 miliardo di dollari.