The Kolors, Stash: "La nostra maturità artistica è un salto negli Anni 80"
Dopo i successi di "Pensare male" e "Non è vero", il trio pubblica il nuovo singolo "Mal di gola" che prosegue nel percorso artistico degli ultimi anni. Tgcom24 ne ha parlato con il cantante
The Kolors, "Mal di gola" è il nuovo singolo che profuma di anni 80
Iniziare l'anno con un "Mal di gola" potrebbe non essere il massimo, a meno che non si stia parlando del nuovo singolo dei Kolors. Il trio ha pubblicato il nuovo brano che prosegue nella ricerca dei suoni e dell'immaginario visivo degli anni 80. "Vogliamo andare a pizzicare quelle corde della nostalgia di chi quell'epoca l'ha vissuta, magari anche di riflesso - dice Stash a Tgcom24 -.
Dopo i successi di “Pensare male”, “Non è vero”, “Los Angeles”, “Come Le Onde”, “Everytime” e “Me Minus You”, che in meno di 5 anni hanno regalato alla band 7 tra dischi di Platino e oro, milioni di view su YouTube nonché i primi posti delle classifiche radio, il percorso musicale dei The Kolors prosegue in maniera coerente, con un recupero delle sonorità e dell'immaginario visivo degli anni 80. Stash Fiordispino, Alex Fiordispino e Daniele Mona si confermano una delle realtà di maggior qualità del nostro panorama musicale. Una realtà salita alla ribalta nazionale grazie ad "Amici" di Maria De Filippi, ma che aveva già una sua solidità precedente, come resident band di uno dei locali più longevi e conosciuti di Milano, "Le Scimmie", con alle spalle esperienze da gruppo spalla di star internazionali come i Gossip di Beth Ditto. "Spesso questa cosa non è tanto credibile, facciamo fatica a farla capire - dice Stash con un po' di rammarico -. Magari non per gli addetti ai lavori ma per la gente comune se hai fatto un talent sei nato lì. Noi avevamo già un'identità sonora e il talent lo abbiamo usato perr migliorare quel messaggio e renderlo più credibile. Tra l'altro non smetterò mai di ringraziare la nostra 'sorella' Elisa che ci teneva svegli, lucidi".
Dal 2012 a oggi sicuramente c'è una cosa che è rimasta una costante: l'amore dei Kolors per gli anni 80. "Potrei parlare per ore sul perché quel decennio mi rappresenta, a partire dal concetto di ribellione e dichiarazione di esistenza di una gioventù che voleva dire la sua, forse anche più che negli anni 60 - afferma -, ma con un tipo di vita che aveva gli occhi sporchi di trucco dalla sera prima. Già da quel concetto io mostro una vicinanza umana a quel tipo di portamento vitale".
E dal punto di vista prettamente artistico?
Non c'è periodo migliore dal punto di vista sonoro per rappresentare quello che voglio dire con i testi di queste canzoni. E la storia di "Mal di gola" ne è la perfetta esemplificazione.
Come è nata questa canzone?
E' nata come un provino piano e voce fatto ad agosto dello scorso anno. Poi mi sono andato a riguardare i video di un sintetizzatore che con i suoi suoni ha fatto la storia degli anni 80, lo Yamaha DX7. A Napoli avevo trovato un signore che lo vendeva a poco e niente con alcune cartucce di suoni già fatti dagli studi negli anni 80. Quello è stato l'inizio dell'arrangiamento del pezzo.
Una sorta di ritorno al futuro...
La musica pop in quegli anni ha subito l'avvento del DX7 e nel mio piccolo è successo anche a me. Mentre producevamo "Mal di gola" in studio con i Daddy's Groove, ho portato questo synth ed è cambiato totalmente l'arrangiamento. Per completare il citazionismo di quegli anni abbiamo voluto mettere anche una parte di sax, che oggigiorno è un'eresia.
Queste sonorità rappresentano la vostra identità artistica?
Soprattutto da "Pensare male" in poi siamo andati a pizzicare quelle corde della nostalgia di chi quell'epoca l'ha vissuta, magari anche di riflesso. Ma con "Mal di gola" abbiamo fatto un passo in più, perché ci siamo allargati oltre l'ambito musicale, abbracciando anche il racconto visivo, per cui devo ringraziare i registi YouNuts! e la nostra stylist Noemi Intino.
Guardando la copertina di "Mal di gola" sembra di vedere la cover di un vinile del 1984...
Per noi è fondamentale che il messaggio artistico passi anche per un racconto visivo. Una cosa piuttosto difficile da fare con un certo tipo di coerenza 40 anni dopo. Ma così come per le canzoni abbiamo voluto usare le macchine analogiche dell'epoca, anche per la parte visual non abbiamo voluto aggiungere effetti in post-produzione ma girare i video con gli star-filter applicate alle macchine da presa. Una piccola follia in cui YouNuts! ci sono venuti dietro. E vedrete il video di "Mal di gola": credo che sia il video che negli anni 80 avrebbero voluto fare ma non ci sono riusciti.
Al momento questo percorso si sta sviluppando attraverso una serie di singoli. Avete già in testa il punto di arrivo?
Forse sì, ma è così bello l'ignoto da esplorare che non voglio programmare troppo. Io sono l'esempio vivente di questa cosa. Se un anno fa qualcuno mi avesse stato detto: nel 2020 avrai una figlia, sarai la persona più felice del mondo e non farai nemmeno un concerto quest'anno io lo avrei mandato a quel paese. Sicuramente un obiettivo ci deve essere ma non riesco a immaginare il punto di arrivo.
Ma un album è nei piani a breve?
Ovviamente ci stiamo lavorando, anche perché il cerchio a un certo punto bisogna chiuderlo. Ma per il momento procediamo con i singoli, che non sono l'anticipazione dell'album, ma le tappe di un percorso per arrivarci al meglio.
Un percorso iniziato ormai qualche anno fa, quando siete passati dal cantato in inglese a quello in italiano.
A un certo punto mi sono reso conto quanto fosse importante dare la possibilità alle persone di identificarsi con un testo. Cosa che ahimè con l'inglese non accadeva. E l'inglese resta il mio suono preferito. Non è stato facile trovare un compromesso tra il suono che volevo che le mie canzoni avessero e la lingua italiana. Sono riuscito a trovarlo con "Pensare male": quando mi sono sentito in quel pezzo ho pensato che la mia voce fosse uguale a quando cantavo in inglese. Da lì è andato tutto in discesa.
Con i testi italiani senti di arrivare più al cuore della gente?
Sì, ma soprattutto si agganciano all'esigenza di comunicare qualcosa. Crescendo di interessa di più far capire il testo di "Ho fatto quasi 30 anni e non è un granché, ho fatto quasi 30 anni e capisco che" piuttosto che vedere folle di ragazzine che cantano "uoh-oh-oh". In un periodo preferivo quello ma crescendo ti interessa di più arrivare in un altro modo alle persone. Quella è stata una tappa importantissima della mia vita ma ormai è una tappa precedente.
A proposito di crescere, sei diventato da poco papà. Tua figlia ti ha già cambiato la visione del mondo?
Già da quando stava nella pancia! Già avvertivo che qualcosa stava cambiando radicalmente nelle mie scelte e nelle mie priorità. Tutto il centro delle cose si era spostato su di lei. Ci finisce dentro anche la scrittura di una canzone, anche se non è dedicata a lei.
Gioia della paternità a parte, come hai vissuto questo periodo in cui la pandemia ha bloccato quasi tutto?
Molto male e molto bene al tempo stesso. Da un punto di vista artistico ci è venuta a mancare la realtà, la vita di tutti i giorni che è sempre la fonte di ispirazione per le canzoni e quindi devi andare di fantasia. Allo stesso tempo abbiamo usato il tempo a disposizione per scrivere molte canzoni, anche sotto la spinta della rabbia data dal vedere la musica trattata così male, alla stregua di un semplice intrattenimento di cui si può fare a meno...
E dal punto di vista personale?
E' stato un anno bellissimo. Pare persino brutto a dirsi ma è stato così, perché se non fosse accaduto quello che è accaduto non avrei avuto la possibilità di vivere la gravidanza di Giulia insieme a lei giorno dopo giorno. Il che è stato veramente magico.
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