Chiara Appendino, sindaco di Torino, è stata condannata, con rito abbreviato, per i fatti di piazza San Carlo a un anno e sei mesi, con sospensione condizionale della pena. Condannati a 18 mesi anche tutti gli altri imputati. Le accuse erano di lesioni, disastro e omicidio colposi. Nella centralissima piazza il 3 giugno 2017 tre persone rimasero uccise e 1.500 ferite nella calca che si scatenò durante la proiezione della finale di Champions.
Gli altri condannati - Oltre alla Appendino sono stati condannati a 18 mesi anche tutti gli altri imputati: l'ex capo di gabinetto Paolo Giordana, l'ex presidente di Turismo Torino Maurizio Montagnese, l'ex questore Angelo Sanna e l'architetto Enrico Bertoletti. Il procedimento si riferisce a quanto accadde nel capoluogo piemontese la sera del 3 giugno 2017, durante la proiezione su maxischermo della finale di Champions tra la Juventus e il Real Madrid: un'ondata di panico provocò un fuggi fuggi generale e una calca nella piazza strapiena.
Appendino: "Accetto e rispetto la sentenza" - "E' una decisione che accetto e rispetto, anche per il ruolo che rivesto". Così Chiara Appendino commenta su Facebook la sentenza. "La tesi dell'accusa, oggi validata in primo grado dalla Giudice, è che avrei dovuto prevedere quanto poi accaduto e, di conseguenza, annullare la proiezione della partita in piazza. E' una tesi dalla quale mi sono difesa in primo grado e che, dopo aver letto le motivazioni della sentenza con i miei legali, cercherò di ribaltare in Appello perché è evidente che, se avessi avuto gli elementi necessari per prevedere ciò che sarebbe successo, l'avrei fatto. Ma così non fu e, purtroppo, il resto è cronaca", aggiunge.
"Devo rispondere del gesto di una banda di rapinatori" - Dice inoltre di provare "amarezza" e sottolinea di non avere intenzione di sottrarsi alle responsabilità: ma, scrive, "è altrettanto vero che oggi devo rispondere, in quanto sindaca, di fatti scatenati da un gesto - folle - di una banda di rapinatori", aggiunge, sostenendo che sul "difficile ruolo dei sindaci forse andrebbe aperta una sana discussione". La Appendino conclude dicendosi "fiduciosa di riuscire a far valere le nostre tesi nei prossimi gradi di giudizio".
I figli di una delle vittime: "Il dolore resta" - "La sentenza non ci restituisce nostra madre e non fa scomparire la sofferenza, fisica e psicologica, da lei patita". Commentano così la sentenza Valeria e Danilo, figli di Marisa Amato, rimasta tetraplegica, e poi morta, dopo essere stata travolta dalla folla quella sera del 3 giugno 2017. "Questa sentenza non cancella il dolore e non colma la sua assenza, né oggi né domani", aggiungono i figli della donna, che portano avanti il suo ricordo con la onlus "I sogni di Nonna Marisa".