crisi di governo

Caccia di voti per il Conte Ter: lunedì la fiducia alla Camera, martedì al Senato dove le incertezze sono più profonde

A Montecitorio la maggioranza può contare sui 191 voti del Movimento Cinque Stelle, sui 92 del Pd e sui 12 di Leu e di altri fuoriusciti. A Palazzo Madama i voti sicuri sono 150-151

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Calcolatrice alla mano, i più ottimisti fra i supporter del premier Conte azzardano di poter arrivare a quota 156 voti al Senato ma i numeri certi sono 151. Alla Camera, lunedì il sì al governo dovrebbero superare la maggioranza assoluta di 316, ma senza eccedere. E c'è chi non esclude che possano invece fermarsi uno scalino sotto. Non sarebbe un inedito. L'ultimo voto di fiducia, sulla Manovra, al Senato è passato con 156 sì e alla Camera con 314.

Il voto di fiducia alla Camera Ma il valore politico adesso sarebbe diverso: peserebbe di più sulla solidità del governo. La prima prova è a Montecitorio dove, al netto di malattie e assenze per altri motivi, la maggioranza può contare sui 191 voti del Movimento Cinque Stelle, sui 92 del Pd e sui 12 di Leu, più quelli di Michela Rostan (è renziana, ma ha annunciato il sì al governo) e di Vito De Filippo, che è uscito da Iv per tornare al Pd. A loro vanno aggiunti i deputati del gruppo Misto (fra loro alcuni hanno sempre votato con la maggioranza, altri sono Costruttori): al momento, fra loro i pro-governo vengono calcolati fra 18 e 21. Si arriverebbe così a un ventaglio di 315-318. La maggioranza assoluta di 316 (315 se si toglie Pier Carlo Padoan, presidente designato di Unicredit, che ha lasciato la Camera senza essere sostituto) potrebbe essere superata con slancio maggiore se arrivassero nuove adesioni da quella decina abbondante di deputati del gruppo misto non ancora schierata, che la maggioranza cercherà fino all'ultimo di arruolare. Fra loro c'è, per esempio, il voto favorevole quasi scontato dell'ex ministro Lorenzo Fioramonti.

Il voto di fiducia al Senato Al Senato, dove la maggioranza assoluta è di 161 voti, i voti sicuri per Conte al momento sono 150-151, un cifra data dalla somma dei senatori del M5s (92), del Pd (35), del Maie-Talia 23 (4), di Leu (6) e delle Autonomie (8). Con in più il senatore a vita Mario Monti e i costruttori: Sandra Lonardo (ex FI, moglie di Mastella), gli ex M5s Maurizio Buccarella e Gregorio de Falco. E poi Sandro Ruotolo (Misto). Il conto include anche Riccardo Nencini (Psi, che ha dato il simbolo a Renzi per formazione del gruppo al Senato). Si potrebbe arrivare a 156 se fossero presenti in aula gli altri senatori a vita Renzo Piano, Liliana Segre e Carlo Rubbia. E se i costruttori riuscissero a imbarcare anche gli ex M5S Lello Ciampolillo e Luigi di Marzio. Insomma, i calcoli si sprecano ma i numeri sono ancora piuttosto incerti. Anche perché si basano sulle defezioni ufficiali di alcuni esponenti di Italia Viva - ma l'opa degli emissari di Conte sui renziani non si è interrotta - e danno per scontato che Iv si astenga, come annunciato.

Ma in queste giornate di colpi di scena, nessuno dà niente per scontato. Mentre continua il botta e risposta fra Clemente Mastella e Carlo Calenda. A "In mezz'ora in più", il sindaco di Benevento, indicato come arruolatore di Costruttori, è stato interpellato sulla telefonata tra lui e il leader di Azione. "Io ho chiamato solo Calenda e mia moglie", ha detto Mastella, che ha definito Calenda un "burinotto, pariolino, figlio di papa'". La replica è arrivata in diretta, con un intervento telefonico di Calenda mentre il leader Udeur lasciava la trasmissione: "Mi ha cercato Mastella per dirmi che se avessi fatto votare la fiducia al governo Conte il Pd mi avrebbe appoggiato per la corsa a sindaco di Roma. Si trattava chiaramente di un sensale. La trovo una pratica indegna e indecorosa".