Si intitola "Nuoteremo in mare" il nuovo singolo de Il Moro, la band capitanata da Martino Iacchetti. Un singolo nato da un'insolita esperienza live affrontata nel periodo del lockdown della scorsa primavera, con concerti sui balconi e in luoghi non convenzionali. "Abbiamo fatto un tour suonando su balconi e in giardini - racconta - e la risposta della gente ci ha riempito di energia. Con questo singolo per noi si apre una nuova fase".
Il brano, prodotto da Marco Ulcigrai (Il Triangolo, I Ministri), descrive con straordinaria sensibilità la cruda realtà in cui tutti noi siamo stati catapultati a inizio anno, con cui abbiamo dovuto imparare a convivere e di cui, chi più e chi meno, porta cicatrici indelebili sul cuore: quella della pandemia. Il singolo arriva quasi a suggello dell'esperienza del "Non convenzionale tour", 12 date fatte dalla band tra giugno e settembre, tutte in luoghi solitamente non pensati come location per un concerto. "Il brano è nato durante il primo lockdown, in cui io ho realizzato un flashmob sonoro che avevo fatto partire - dice Martino -. Ho preso la pianola e mi sono messo sul balcone a suonare. Improvvisamente sono saltati fuori tutti i vicini, di sopra, sotto, a destra, sinistra. Battevano le mani, mi accompagnavano. Per me è stata una cosa totalmente inaspettata e piena di significato. Da lì in poi per 52 giorni consecutivi, tramite i social della scuola di teatro dove lavoro, "Per un po' teatro", abbiamo creato questo appuntamento: alle 18 uscivo in balcone e cantavo".
Da lì poi è nata l'idea del tour?
Ho eseguito la canzone per la prima volta il 3 maggio, poco prima della prima riapertura dopo il lockdown totale. Poi parlando con la band abbiamo pensato di andare in giro a suonare. A partire dal 12 giugno abbiamo fatto una serie di concerti nei balconi, nei giardini, nei parchi, che abbiamo racchiuso in un tour che abbiamo chiamato "Non convenzionale tour". Proprio perché la nostra idea era di suonare, proporre la nostra musica, in un momento così complesso e tragico per la musica dal vivo e per lo spettacolo in generale.
Come è andata?
Alla grande. Abbiamo visto che funzionava e abbiamo conosciuto un sacco di vicinati, anche quelli che non erano i nostri. Persone che ci ascoltavano dai balconi di fronte, che condividevano le nostre dirette, gente che ci segue ancora oggi. Per noi è stata una cosa totalmente nuova e inaspettata che ci ha riempito di voglia di fare. Ci ha fatto scaldare il cuore e ripartire. Abbiamo fatto più concerti queste date che nei momenti normali in cui è faticosissimo trovare un posto dove suonare. A ogni data, alla fine suonavamo questa canzone e alla fine abbiamo deciso di tirarne fuori un singolo che fosse un po' la testimonianza di quello che avevamo vissuto.
Quando è nata la tua passione per la musica?
Sono fortunato perché sono cresciuto in una famiglia molto legata alla musica dal punto di vista della passione. Mio nonno materno era un grande esperto di musica classica e aveva uno studio molto grande pieno di vinili di musica classica. Aveva interi faldoni in cui, carta e penna, catalogava tutti i dischi e io mi divertivo a sfogliarli per cercare i dischi da ascoltare. Poi i miei genitori (suo padre è Enzo Iacchetti - ndr), cresciuti negli anni 60 e 70, erano appassionati della musica di quegli anni. Quindi io sono cresciuto ascoltando da una parte i Beatles e i Rolling Stones e dall'altra il cantautorato italiano. La musica è sempre stata una compagna.
Tornando a Il Moro: siete insieme dal 2014 e nell'ultimo periodo vi eravate spostati su un terreno più acustico, quindi questa esperienza è arrivata nel momento giusto.
Questa ricerca era un po' nell'aria da un po'. Già prima avevamo tentato diverse strade. Tra i cambi di formazione e altro avevamo avvertito l'esigenza di cercare una strada un po' più particolare, più anche rischiosa sotto certi punti di vista. Questa pandemia, nonostante tutti i lati negativi, per noi, dal punto di vista musicale, è stata l'occasione per fare il passo decisivo. Abbiamo deciso di rischiare, nessuno poteva sapere come la gente avrebbe reagisto di fronte a gente che arriva a suonare sul balcone...
Questo singolo è da una parte la chiusura di un'esperienza e allo stesso tempo l'inizio di un nuovo percorso musicale?
Direi proprio di sì. Un cerchio che si chiude mentre se ne apre un altro. L'esperienza che abbiamo fatto resterà sempre nei nostri cuori. Ovvio che la musica non può rimanere relegata ai balconi. La musica ha bisogno di tornare live, tutte le persone che lavorano attorno alla musica hanno bisogno di tornare a lavorare. Questa esperienza si è chiusa ma ha aperto una strada nuova che noi vorremo percorrere con altri singoli di questo genere.
Avete in pista un progetto più ampio come un album?
Il materiale sicuramente non ci manca. La scrittura è una cosa istintiva e in questo periodo abbiamo accelerato notevolmente la nostra produzione. Ci sono momenti in cui scrivi ma non ti piace nulla di quello che è uscito e non lo proponi nemmeno, e altri in cui vai liscio sull'onda dell'entusiasmo. Noi adesso siamo nel secondo caso. Ci sentiamo molto creativi e vogliamo cavalcare questa spinta. Vorremmo ragionare sui singoli anche se a distanza ravvicinata l'uno dall'altro. Se poi questi piacciono non escludiamo un altro formato come l'ep o l'album.
Il vostro progetto musicale si basa molto sull'esperienza live. In un momento, in cui tutto è fermo, come questo come vedete il futuro?
Noi dal punto di vista discografico non abbiamo pubblicato moltissimo per vari motivi, però è chiaro che con quello che abbiamo fatto l'estate scorsa abbiamo ritrovato il piacere di suonare dal vivo. Noi non siamo per lo streaming della cultura. Capisco che in questo momento è forse l'unica soluzione, ma la musica deve ritrovare i propri spazi. Noi speriamo di portare la nostra musica in spazi che ci diano la possibilità di tornare a suonare a partire dalla bella stagione.
Balconi a parte, pensi a location alternative?
Noi suonando in acustico abbiamo il vantaggio di essere piuttosto leggeri, abbiamo una facilità di movimento che altri non hanno. In alcuni posti potremmo suonare anche senza amplificazione. Quindi pensiamo a luoghi non convenzionali, che ci sembra una definizione ancora sfruttabile. Potrebbe essere interessante.
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