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Governo, prima il Recovery poi la resa dei conti | Rimpasto: percorso a ostacoli

Cruciali saranno le prossime ore, a cavallo del Consiglio dei ministri. Il rischio di scivolare sul crinale della crisi è ancora alto

La maggioranza si appresta a vivere un'altra settimana di discussioni che sfoceranno in una ormai inevitabile resa dei conti. Il Recovery plan dovrebbe andare in Consiglio dei ministri, poi si aprirà il tavolo per il patto di legislatura che dovrebbe chiudersi con un nuovo programma e un corposo rimpasto. Lo scenario continua a non piacere ai renziani che, prima di tutto, vogliono risposte ai dubbi sollevati dal loro leader. Nemmeno a Conte il rimpasto sarebbe gradito. Lo spettro crisi è sempre più concreto. 

Per qualcuno, un varco c'è per evitarla: stretto, ma percorribile. "Fate il Recovery plan, fate i ristori. Basta perdere tempo!", è la linea di Matteo Renzi, rilanciata da Italia viva. Il segnale, per gli alleati, che la "road map" tracciata dal premier Giuseppe Conte in asse con il Pd potrebbe scongiurare il redde rationem in Parlamento. Lo snodo potrebbe essere il "Conte ter" ovvero un nuovo governo che passi dalle dimissioni di Conte per poi avere il reincarico, con un corposo cambio di squadra. Ma l'ipotesi è stata finora esclusa da chi è più vicino al premier.

Cruciali saranno le prossime ore, a cavallo del Consiglio dei ministri. Il rischio di scivolare sul crinale della crisi è ancora alto. I renziani non sembrano arretrare, nonostante le aperture del premier.  "Forte discontinuita' sui contenuti, su metodo e merito", è la richiesta che Teresa Bellanova scrive su Facebook, in risposta al post con cui Conte tendeva una mano a Iv. "O l'esito è già scritto", aggiunge, ovvero le dimissioni che aprirebbero la crisi. Sarebbe "un azzardo politico e un errore numerico", avverte Renzi, per Conte andare al redde rationem in Aula ma Iv è pronta anche all'opposizione. Se si stacca la spina al governo, dice anche Ettore Rosato, la responsabilità è di Conte.

L'esito della partita, però, non è ancora deciso. Il testo Recovery plan, cui sta lavorando il ministro Roberto Gualtieri, dovrebbe essere recapitato ai partiti a breve, con un cospicuo stanziamento a partire dalla sanità: potrebbe ancora salire di una decina di miliardi la cifra, già portata a 18 miliardi. E al tavolo della verifica in discussione sbarcherebbe anche del mini-Mes (la richiesta di una parte, una decina, dei 36 miliardi).

A Goffredo Bettini del Pd, che tiene un canale aperto tra lui e Conte, Renzi ha consegnato il 6 gennaio un documento in 30 punti che elenca tutti i nodi aperti nella maggioranza. Al dirigente Dem Renzi chiede chi possa farsi "garante" di un nuovo patto "serio", da chiudere in fretta. E poi elenca una lunga serie di questioni, dai dubbi sul reddito di cittadinanza e cashback, alla commissione d'inchiesta sul Covid, dalla richiesta di una "svolta garantista" al punto sulla realizzazione di opere come "il Ponte sullo Stretto", per finire con le nomine in sospeso e le comunali. Temi da verifica.

Prima Conte e il Pd proveranno a mettere in sicurezza il Recovery plan. "Noi non faremo nulla per rallentarlo, chiediamo di accelerare", dicono da Iv, mentre Davide Faraone annuncia fin d'ora il voto favorevole al nuovo scostamento di bilancio. L'idea è scavallare il Cdm di martedì (salvo rinvii), evitando il voto contrario (e le dimissioni) delle ministre renziane (c'è chi ipotizza che possano non votare). Poi si aprirà la verifica. O la crisi.

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