Paolo Gramaglia: un matematico stellato in cucina
Lo Chef intervistato si racconta e svela i segreti di una sua ricetta speciale
La visione partenopea di un viaggio intorno al mondo
Paolo Gramaglia è l’executive chef e patron del Ristorante President di Pompei, la cui passione per la cucina nasce praticamente con lui. Dopo gli studi matematici, che gli hanno conferito un senso di precisione mentale importante, si è formata in lui l’idea che “da grande” voleva fare il cuoco.
I riconoscimenti non tardano ad arrivare, con la presenza su tutte le più autorevoli guide del settore, sia nazionali che estere: Guida Michelin, Espresso, Gambero Rosso, Slow Food, Touring, Routard, Globe trotter Travel Guide, solo per citarne alcune.
Il 2015 è l’anno del President: Paolo prima ottiene il Cappello della Guida dell’Espresso e, poi, la consacrazione tra i grandi della gastronomia, con il prestigioso riconoscimento della Stella Michelin.
“Essere insigniti della stella Michelin rappresenta un grande privilegio ed al contempo una grande responsabilità – afferma Paolo Gramaglia - questo importante riconoscimento rende ogni chef maggiormente consapevole che il suo “modus agendi” deve essere permeato da una nuova angolazione di visuale e che la stella non deve essere considerata solo un punto di arrivo di estremo successo, ma anche e soprattutto un punto di partenza verso percorsi sempre di maggiore sviluppo professionale”.
Nel 2018 arriva per Paolo un grande successo personale: entra a far parte della prestigiosissima Associazione Internazionale per grandi chef Euro-Toques e ne diventa il delegato per la regione Campania. L’introduzione al suo menù, “Il successo della gastronomia è nella tradizione, basta solo saperla interpretare senza nostalgia”, evidenzia appieno l’idea della sua cucina. Questo concetto, che, poi, è anche l’introduzione alla sua carta, è la sintesi di ciò che rappresenta il lavoro portato avanti al President. La cultura gastronomica campana è, per lo chef Gramaglia, un punto di riferimento che, consenta, in un “viaggio di tempo senza tempo” di esprimere creatività ed innovazione nei piatti. Questo uno dei motivi principali per cui la cultura gastronomica della Pompei del 79 d.C., è sempre presente in ogni viaggio di lavoro dello chef all’estero.
Gramaglia ormai ha travalicato i confini nazionali, poiché lo chef è sempre più spesso all’estero a raccontare la sua idea di cucina ed a far emozionare gli ospiti stranieri con i suoi piatti. L’Asia con la Cina e Pechino, Shanghai, Hong Kong, Shenzhen, Changsha e gli Emirati Arabi con Dubai ed Abu Dhabi, poi l’Africa con il Ghana e la sua capitale Accra, sono solo alcune delle tappe che hanno visto Paolo Gramaglia all’estero.
Da questi numerosi viaggi nasce al President “Food and Wine Experience around the World”, la realizzazione di un menu ricco di influenze orientali, caraibiche, africane, in cui i piatti sono reinterpretati, dopo “un viaggio around the world”, in una visione partenopea contemporanea maggiormente vicina alle ns. esigenze gastronomiche.
Paolo Gramaglia è uno chef sempre in crescita, in continuo fermento evolutivo, uno che fa del suo punto di arrivo il primo punto di una nuova partenza professionale. Ogni anno la “filosofia Gramaglia” si arricchisce di un nuovo filo conduttore, come, ad esempio il “sottrarre per moltiplicare”. Sottrazione degli elementi che, al contempo, eleva la sensazione di appagamento per l’ospite. In sala lo hanno seguito sottraendo coperti per aumentare la maniacale cura del dettaglio nel servizio; in cucina “lo hanno dovuto seguire”, sottraendo elementi per esaltare le sensazioni di piacere dei piatti.
A chi chiede a Paolo Gramaglia cosa rappresenti per lui il suo lavoro ed il suo ristorante, con estrema semplicità e naturalezza, risponde: “Il President è oggi per me quello che è sempre stato: la mia vita! E come ogni progetto di vita che si alimenta e, poi, cresce, viviamo e lavoriamo in accelerazione costante, per raggiungere sempre nuovi e stimolanti traguardi”.
Qual è la prima cosa che fai la mattina quando ti alzi?
Da buon napoletano, prendo un caffè ristretto fatto in casa rigorosamente con la macchinetta napoletana e, poi, dopo aver dato uno sguardo al calendario ed all’orologio, mi “dimentico” che esistono per tutta la giornata e parto per la mia “avventura” quotidiana.
Quando inizia la tua giornata tipo e quando finisce?
Il tempo è un concetto relativo, io non porto l’orologio al polso proprio per questo. Sono fermamente convinto che per fare il mio lavoro bisogna necessariamente avere questa idea; la cucina “assorbe” gli chef in un orizzonte temporale dove spazio e tempo, appunto, non possono avere né inizio né fine.
Un ingrediente di cui non puoi fare a meno?
Il viaggio. Viaggiare, sapere dove andare e dove poter camminare, non seguire mai le orme ma le direzioni, quelle delle scoperte, delle sensazioni per poter creare nuovi piatti ispirati a quei viaggi ed interpretati secondo il gusto partenopeo. L’idea di un nuovo piatto, nasce da un attimo, da una ispirazione istantanea, che, poi, si concretizza e si matura attraverso lo studio di quell’idea, del modo giusto per farla diventare piacere per il proprio ospite ed in questo ”attimo” che ti folgora, i viaggi “around the world” , il contatto con le nuove culture gastronomiche, diventano una fonte inesauribile di traino.
Qual è il primo piatto che ti ricordi di aver cucinato?
Un giorno, quando ero ancora un ragazzino, mio padre mi chiamò e mi disse che per qualche anno, la nostra casa non sarebbe stata più a Napoli, ma nei Caraibi a St. Marten. Tutta la famiglia si trasferì, perché papà era il direttore di un importante albergo e lì, nei Caraibi, tra un tuffo e l’altro, decisi che “da grande volevo fare il cuoco”. Molti anni dopo sono tornato in quel posto “da cuoco” e quei profumi, quei sapori, quelle emozioni “di un tempo senza tempo” sono diventate parte di me e sono entrate prima nella mia valigia e, poi, nel mio menu ed e così che ho “acceso i fornelli” per la prima volta per preparare un’ “Astice Ubriacata”.
E quale ha avuto più successo?
Quello che per me è stato il piatto del successo è stato una semplice caprese di pomodoro e mozzarella, preparata per Laila, su una barca sul mare dell’isola di Procida nell’agosto di un po’ di anni fa. Forse non il mio piatto migliore in assoluto, ma sicuramente quello più riuscito. Oggi è da più di vent’anni mia moglie e il mio alter ego nel lavoro.
Descrivi la tua cucina in tre aggettivi.
Storica, memorabile, spaziale. La cultura STORICA gastronomica dell’antica Pompei, per me, rappresenta un punto di riferimento che, ci consenta di esprimere creatività ed innovazione nei piatti, affinchè gli stessi siano MEMORABILI per gli ospiti e diventino per loro un’esperienza emozionale SPAZIALE, che li proietti verso il futuro del piacere a tavola.
Se fossi un film, che film saresti?
“Forrest Gump”, perché come il protagonista, anche io ritengo che bisogna sempre vivere in accelerazione costante e che il raggiungimento di un obiettivo sia, al contempo, il punto di partenza per la corsa ad un altro traguardo.
Se fossi una canzone, che canzone saresti?
“Figli delle Stelle” di Alan Sorrenti, perché tutti gli chef, in particolare quelli con il macaron Michelin, sono figli delle stelle.
Qual è il giudice che temi di più?
Mia moglie, è il mio giudice più severo, ma, al contempo, “il migliore motivatore” che esista. Se, quando preparo un piatto, riesco a suscitare in lei l’effetto #5 millimetri, allora sono certo di aver fatto centro! L’idea di un nuovo piatto, nasce da un attimo, da una ispirazione istantanea, che, poi, si concretizza e si matura attraverso lo studio di quell’idea, del modo giusto per farla diventare emozione per il proprio ospite.
Qual è il tuo ristorante preferito?
La terrazza della nostra casa al mare nel Cilento, soprattutto la sera, quando, in piena estate, il profumo del cibo, diventa tutt’uno con quello del mare e ceno vestito del mio dress code preferito: jeans, t-shirt e scarpe sportive.
Qual è un tuo difetto?
Sono estremamente preciso e determinato nel raggiungere un obiettivo.
E un tuo pregio?
Sono estremamente preciso e determinato nel raggiungere un obiettivo, ogni medaglia ha il suo rovescio… fortunatamente!
Cosa avresti fatto se non avessi fatto il cuoco?
La passione per la cucina nasce praticamente con me. Dopo gli studi matematici, che mi hanno conferito un senso di precisione mentale importante, si è formata in me l’idea che “da grande” volevo fare il cuoco. Sono tra quei fortunati che nella vita fanno ciò che hanno sognato da bambini. Forse, avrei fatto il pompiere, perché? Io ho sempre amato il fuoco… Oggi, infatti, brucio di passione per quello dei fornelli delle cucine del President!
Ricetta - L’Astice Ubriacata
Ubriacare qualcuno è un delitto? E se ad essere “ubriacata” fosse una meravigliosa astice che la notte prima nuotava sui fondali di scogli ricoperti di alghe e sulle praterie di Poseidonia? Il profumo, il gusto ed il sapore che avrà quel fantastico crostaceo a cottura ultimata, Vi ripagherà del “reato” commesso.
Ingredienti per 2 persone:
n. 2 astici da gr. 500 circa - Vino bianco due litri - Misticanza di insalata - Olio extravergine d'oliva - Sale q.b. - n. 1 limone - n.1 arancia - gr. 200 di maionese - gr. 80 caviale - un cucchiaio da the di cognac
Preparazione:
Immergere in una pentola l'astice versandovi un buon vino bianco, lasciando che essa “beva” parte del vino per circa due ore. Aggiungere due litri di acqua e lasciare cuocere lentamente. A cottura ultimata, dividere l’astice in due parti e pulirla delle interiora, bagnandola nuovamente nell'acqua e nel vino di cottura.
Per la salsa di caviale:
Amalgamare la maionese con il caviale e il cognac.
Composizione del piatto:
Adagiare l'astice su un letto di insalatine selvatiche e condire con olio extravergine di oliva, poche gocce di limone, sale. Servire ancora calda, accompagnando con una salsa fatta da maionese e caviale inserita nella parte superiore dell’astice svuotata, guarnire il piatto con le chele e fettine in bellavista di arance. Spolverare il piatto con granelli di buccia di arancio grattugiata.
Di Indira Fassioni
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