Compie 50 anni un mito del nostro cinema. Il 22 dicembre del 1970 usciva infatti nelle sale italiane "Lo chiamavano Trinità...", lo spaghetti western diretto da E.B. Clucher con Bud Spencer e Terence Hill. Sorta di parodia del genere, con le scene di scazzottate e i siparietti comici mischiati alle classiche ambientazioni western, sarebbe diventato un "classico" del nostro cinema facendo diventare la coppia una delle più amate di sempre.
Per Spencer e Hill non si trattava del debutto, i due avevano già girato due spaghetti western più tradizionali: "Dio perdona... io no!" nel 1967 e "I quattro dell'Ave Maria" nel 1968, entrambi diretti da Giuseppe Colizzi. Ma è con Trinità che la loro carriera svolta. E pensare che inizialmente le parti di protagonisti non sarebbero dovute andare a loro. Nella prima idea di Enzo Barboni (vero nome del regista), Bambino e Trinità sarebbero dovuti essere i due attori italiani George Eastman e Peter Martell. Saputo che il regista stava girando per i vari produttori proponendo il proprio copione, furono gli stessi Girotti e Pedersoli a proporsi in coppia ottenendo la parte.
Il modello inaugurato con Trinità, dove le scazzottate prendono il posto delle sparatorie con gli sganassoni che diventano elemento comico, sarebbe diventato poi la cifra stilistica di tutti i film della coppia e di Bud Spencer da solo, travalicando il genere spaghetti western e mescolandosi ora con la commedia e altre volta con il poliziesco. "Lo chiamvano Trinità..." fu un successo immediato, al punto che già l'anno seguente uscì il sequel, "...continuavano a chiamarlo Trinità", anch'esso campione di incassi. Il mito si è poi accresciuto con l'inizio dei passaggi televisivi, diventando uno di quei titoli che non teme usura nemmeno all'ennesima replica.
Un film ha avuto anche una risonanza internazionale, distribuito in Germania (dove la coppia divenne popolarissima), negli Stati Uniti e in Australia. Al punto che la pellicola è diventata un cult anche per personaggi come Quentin Tarantino, che in "Django Unchained", del 2012, ha usato come canzone della scena finale il tema di Franco Micalizzi cantato da Lally Stott (ma più ancora celebre è divenuto il fischio eseguito da Alessandro Alessandroni).
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