Emergono drammatici dettagli della detenzione di Giulio Regeni, ucciso tra gennaio e febbraio del 2016 a Il Cairo. "Ho visto Giulio ammanettato a terra con segni di tortura sul torace", ha raccontato uno dei cinque testimoni sentiti dai magistrati di Roma nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio del ricercatore. E ha aggiunto: "Delirava, era molto magro. Era sdraiato a terra con il viso riverso, ammanettato".
"Il 25 gennaio, mentre ero nella stazione di polizia di Dokki, è arrivata una persona. Avrà avuto tra i 27 e i 28 anni, aveva una barba corta, indossava un pullover, verosimilmente tra blu e grigio, se non ricordo male con una camicia sotto. Si esprimeva in italiano e ha chiesto un avvocato… Sono sicuro che si trattasse di Giulio Regeni. Nelle foto che ho visto in internet aveva la barba più lunga". E' la ricostruzione fatta da uno dei testimoni chiave dell'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, e ricostruita dal pm Sergio Colaiocco durante l'audizione nella commissione parlamentare d'inchiesta.
Nove giorni di torture, perse l'uso degli organi - Furono giorni di torture e sevizie inimmaginabili quelle subite da Giulio Regeni nel covo degli 007 egiziani dopo il suo sequestro. Secondo quanto si legge nell'atto di chiusura delle indagini, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, l'uomo accusato in concorso con altri ignoti delle sevizie e dell'omicidio, "per motivi abietti e futili ed abusando dei suoi poteri, con crudeltà, cagionava a Giulio Regeni lesioni, che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 40 giorni nonché comportato l'indebolimento e la perdita permanente di più organi, seviziandolo, con acute sofferenze fisiche, in più occasioni ed a distanza di più giorni".
Aguzzini usarono coltelli, bastoni e tizzoni ardenti - Giulio venne torturato con coltelli, bastoni e strumenti taglienti e roventi, si legge nell'atto firmato dal procuratore Michele Prestipino e dal pm Sergio Colaiocco, "attraverso strumenti dotati di margine affilato e tagliente ed azioni con meccanismo urente, con cui gli cagionava con numerose lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto cervico dorsale e degli arti inferiori; attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci o pugni e l'uso di strumenti personali di offesa, quali bastoni, mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta del corpo dello stesso contro superfici rigide ed anelastiche".
Le prime violenze ad opera di poliziotti - "Uno dei poliziotti che si trovavano lì veniva chiamato Sherif un altro si chiamava Mohamed, ma non so se è il vero nome. Mentre Regeni chiedeva un avvocato, un altro arrestato, che provava ad aiutarlo, riceveva una gomitata al volto da un poliziotto che disse che il ragazzo italiano parlava anche arabo", prosegue il testimone. Giulio Regeni venne rapito la sera del 25 gennaio 2016: il suo corpo martoriato fu trovato nove giorni dopo, lungo la strada che collega Alessandria a Il Cairo. Nelle prime settimane dopo il ritrovamento del corpo, tante false piste si susseguirono e chi indaga in Italia è convinto che il giovane sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security, dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi. Abdallah chiedeva a Giulio di poter usare a fini personali, in modo illegale, una borsa di studio che il giovane, grazie a una fondazione britannica, voleva far arrivare al sindacato.
Il tradimento di Abdallah - La richiesta di Abdallah e la risposta di Giulio vennero immortalate in un video, girato dal sindacalista nel dicembre del 2015 con una telecamera nascosta, probabilmente su richiesta della polizia. Secondo chi indaga, sarebbe stato proprio il rifiuto di dare illegalmente quei soldi a segnare il destino di Giulio: forse, quando Abdallah capì che non avrebbe ricevuto per sè almeno una parte delle diecimila sterline in ballo, decise di denunciarlo per accreditarsi con la National Security come un informatore adeguato, e segnò la tragica fine del ragazzo.