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Luciana Bigazzi e Maurizio Colonna presentano "Live in Oslo", for Piano and Guitar

La pianista e il chitarrista ospiti a "Popular"

Ufficio stampa

Un album, pubblicato per la "Ncm" e distribuito da "Egea'',  che nasce da un concerto in una città, capitale di un Paese che deve anche alla presenza di tantissimi musicisti di grande spessore, il suo prestigio. Un disco che all'ascolto sembra molto richiamare la Norvegia. Proprio da questa considerazione,parte il nostro incontro con due grandi protagonisti musicali del nostro tempo, graditi ospiti a "Popular".
 

Dopo aver ascoltato il vostro “Live in Oslo”, penso di poter dire che il disco richiami la Norvegia, Paese dove l’album è stato realizzato. Cosa significa per voi entrare in contatto dal punto di vista musicale con una realtà come quella del Nord Europa?

L. B. - Ho spesso associato il mondo nordico a quello dei sogni. Le fiabe nordiche, quelle che iniziavano col “C’era una volta…”, hanno sempre un lieto fine, coinvolgono il mondo animale, il sovrannaturale e alcune sono scherzose fino a parodiare alcuni lati della realtà, mettendo in crisi gli stereotipi dell’immaginario collettivo. 

La cultura norvegese ha forti legami con la natura. Oslo è, a tutti gli effetti, una città sostenibile, in cui la cultura, l’arte e la natura convivono armoniosamente. Scrivere musica per la Norvegia, terra dove la luce del giorno e della notte hanno durate molto diverse da quelle a cui siamo abituati noi, è stato un percorso di pura fantasia, in cui l’immaginario musicale si è liberato da alcuni schemi formali.

I brani pianistici che ho dedicato alla Norvegia sono Sognefjord, Bryggen e Norway; poi c’è Northen Lights, sempre per pianoforte, con l’aggiunta di un’improvvisazione chitarristica.

Sono presenti inoltre due brani dedicati ai fiori, inclusi anche nel CD “Flowers for Piano” (NCM/EGEAMUSIC, 2017 – Machiavelli Music Publishing) e un altro, Tundra (Carisch – Machiavelli Music Publishing), che avevo scritto nel 2012 col titolo di un olio su tavola del pittore torinese Sergio Albano, in cui è dipinto un luminosissimo paesaggio innevato. 

M. C. - Dell’esperienza norvegese, oltre alle persone che ho incontrato, mi sono rimasti dentro i colori, gli spazi fisici, le architetture e la natura, che hanno accompagnato le mie interpretazioni presenti nel “live”, anche se i brani che ho suonato sono stati ispirati dal mondo del Pop, che non ha confini geografici. Mi ha coinvolto inoltre l’improvvisazione che ho realizzato nel brano pianistico Northen Lights di Luciana, una composizione rilassante che mi ha permesso di usare la tecnica del “tremolo”.

Altro richiamo forte nel disco è quello con la Natura; che tipo di legame c’è secondo voi tra il “fare” musica ed entrare in empatia con l’ambiente?

L. B. - Il progetto della registrazione di un CD in Norvegia, che è stato realizzato anche grazie all’eccellente organizzazione dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, è nato dalla volontà di produrre un “live” che esprimesse la natura insita nella musica, che appartiene a chi la “sente”. Il concerto è sempre un incontro di energie: il musicista suona “col cuore” interagendo “con altri cuori”. Da anni ho scelto di avvicinarmi con più naturalezza alla musica e al pubblico, componendo e suonando con la volontà di esprimere il “vivere adesso”. 

M. C. - Noi suoniamo ciò che siamo: nel “Live in Oslo”, oltre ai due brani conclusivi eseguiti in duo col pianoforte, scritti da Luciana, ho suonato sei Pop Studies, tratti dai miei due volumi di “Pop Studies for Guitar” (Edizioni Curci) e Dance (Ed. Bèrben). Nei momenti solistici ho cercato di fare entrare l’immaginario del pubblico in altri spazi: i Pop Studies rievocano i palchi della musica Pop, che uniscono tutte le regioni del mondo, e con Dance ho evocato una dimensione ritmico-armonica tipica delle feste popolari mediterranee, ispirata al suono dei tamburelli, al muoversi vorticoso dei danzatori e all’energia dei cantanti.     

Quali sono state le vostre sensazioni nel portare al pubblico di Oslo le vostre composizioni?

L. B. - Il pubblico di Oslo ha ascoltato per la prima volta le nostre musiche, ma sembrava che conoscesse già da tempo il nostro repertorio, è stato molto sensibile e accogliente. Uno degli aspetti più interessanti che ha la musica strumentale è che non necessita di traduzioni linguistiche, evitando quindi alcune inevitabili barriere. Suonare a Oslo per me è stato un momento magico.

M. C. - Il pubblico norvegese ha vissuto il nostro concerto con lo stesso entusiasmo del pubblico di altre aree geografiche. Tutto questo è fantastico: conferma che non bisogna mai aver paura di incontrare mondi diversi e che, anzi, questo può impreziosire il nostro essere. Suonare in Norvegia è stato molto piacevole e fonte di conferme: l’emozione va oltre i meridiani e i paralleli.

Qualcosa, se possibile, in chiusura, sui vostri progetti futuri

L.B. - Ho iniziato la registrazione dei brani del mio nuovo CD pianistico e mi sto occupando della produzione di due album di nuova musica per pianoforte, registrati da due giovani talenti italiani. Inoltre sto seguendo la ristampa di alcune mie composizioni di qualche anno fa, che saranno pubblicate dalle Edizioni Curci di Milano in un album di spartiti, insieme alle nuove musiche che ho dedicato alla Norvegia.

MC - Ho voglia di scrivere, di raccontare le nuove strade che percorrerò e magari di trasformare questa esigenza creativa in suono, attraverso nuovi progetti discografici. Questo momento difficile, in cui tutto sembra congelato, passerà, e i concerti, gli eventi artistici, le manifestazioni di ogni tipo torneranno ad unire i cuori della gente.

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