"NON E' STATA UNA PASSEGGIATA"

Covid, Gerry Scotti: "Sono stato nell'anticamera dell'intensiva ma sono ancora qui... vivo e scalciante"

Il conduttore ha raccontato a Linus e Nicola Savino, nella trasmissione "Deejay chiama Italia", la sua esperienza in ospedale: "Hanno dovuto mettermi il casco per la ventilazione"

Adesso che il peggio è passato Gerry Scotti può raccontare la sua esperienza con il coronavirus. All'indomani dalle dimissioni dall'ospedale Humanitas di Rozzano, il conduttore ha raccontato in radio quanto è accaduto. "Non è stata una passeggiata - ha detto agli amici Linus e Nicola Savino a "Deejay chiama Italia" -. Sono stato nell'anticamera dell'intensiva. E ho visto tutto. Ma sono qui, ancora alive & kicking". 

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Per raccontare come si sente adesso ha voluto citare un pezzo dei Simple Minds del periodo in cui faceva ancora il deejay in radio. "Sono talmente vivo e scalciante che mi hanno mandato a casa" ha commentato con il sorriso abbandonando però il tono scanzonato per descrivere ciò che ha vissuto. "Ho visto... ho visto la storia vera del coronavirus, quella con la C maiuscola - ha detto -. Tutti sperano che sia una passeggiata. Intanto tutti sperano di non prenderlo, poi quando lo prendono sperano sia in una di quelle forme leggere che te la cavi con un po' di tachipirina. Quando ti accorgi che il sistema casalingo non basta allora devi andare da quelli che hanno fatto la pratica. Cioè quei ragazzi che se la sono fatta sul campo in questi mesi perché non c'era scritto da nessuna parte come fare. Ti devi fidare e non ti devi spaventare".

Quello che è accaduto a lui, che alla fine ha fatto 13 giorni di ospedale ("anche se gli ultimi tre li hanno chiamati "di svezzamento". Nel senso che uno deve imparare a tornare a mangiare, muoversi e respirare come nella vita normale"). In quei 13 giorni ci sono stati momenti particolarmente duri. Settimana scorsa si era diffusa la voce che fosse stato in terapia intensiva. Voce smentita, anche se dall'intensiva non era molto lontano... "Sono stato nell'anticamera della terapia intensiva, nel vero senso della parola - ha continuato -. Mi hanno dato una stanzetta che era a metà tra il reparto normale e l'intensiva. Per non spaventarmi troppo l'hanno data a me ma c'era una porta di vetro e vedevo tutto ciò che accadeva in intensiva. Grazie a Dio mi sono bastate 36 ore lì. In quelle 36 ore ho rivisto tutto ciò che è stato, tutto ciò che è e penso tutto ciò che sarà". In quel periodo oltre alla cura di cortisone e antibiotici è stato necessario utilizzare anche il casco ventilatore cipap. 

"Ho avuto la fortuna di essere nel centro Covid dell'Humanitas, messo in piedi in due mesi quest'estate in previsione dello tsunami che sarebbe arrivato in autunno - ha proseguito descrivendo la sua permanenza -. Ma sei comunque in una stanza sottovuoto spinto, quelli che girano sono tutti uguali perché non li riconosci a meno che non si scrivano cose strane sui camici. Bisogna armarsi di grande pazienza". Ne è uscito con una decina di chili in meno e uno sguardo diverso sul futuro. E a proposito di futuro, il lavoro arriverà con calma, adesso c'è da pensare agli affetti. "Quello che dovevo fare di 'Caduta libera l'ho fatto'. Quindi, se mi negativizzo come spero, tornerò per la finale di 'Tu si que vales' - dice -. Poi mi godrò le vacanze di Natale e la nipotina che arriva". 

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