Promessi Sposi 2.0

Matrimonio a distanza per una ragazza di Verona e il compagno colombiano, lei seguirà la cerimonia su Skype

L'ultima volta che si sono visti era gennaio e ancora oggi chilometri di distanza li tengono separati, eppure il 3 novembre Sofia e Juan si sposeranno con uno schermo e una delega ad unirli

© Facebook| Juan e Sofia, futuri sposi a chilometri di distanza

I loro amici li chiamano "I promessi sposi 2.0" ed effettivamente gli elementi ci sono tutti: una stretta burocrazia che li separa e una pandemia a paralizzare il mondo. Sofia e Juan sono due ragazzi di 32 e 37 anni, lei veronese e lui colombiano, che, dopo cinque anni di fidanzamento, hanno trovato un modo per sposarsi nonostante la distanza.

Juan e Sofia si uniranno civilmente il 3 novembre grazie al matrimonio per procura. Questa pratica, legale in Colombia ma non ancora riconosciuta in Italia, permette ai due di sposarsi nonostante i chilometri che li dividono. "Ho dovuto delegare un'altra persona che sarà presente fisicamente, mentre io seguirò la cerimonia su Skype" racconta la futura moglie. Dopodiché servirà legalizzare il matrimonio anche in Italia: "Abbiamo provato a contattare l'ambasciata in Colombia, ma è una pratica che per ora non possono avviare, e in ogni caso avrebbero impiegato 90 giorni per attuarlo, un tempo troppo lungo, soprattutto nella speranza che Juan riesca a tornare in tempi brevi".

"Ora il problema della distanza passa in secondo piano, siamo solo contenti di aver trovato una soluzione". Sofia Corsi, originaria di Verona, ha conosciuto il suo compagno durante un viaggio di lavoro in Colombia nel 2015. "Lavoravo come coordinatrice di una fondazione che si occupa di progetti di pace. Ho vissuto là per quattro anni, poi nel 2017 sono tornata in Italia, a Vicenza, dove ora vivo". A dividerli, oltre ai chilometri, c'è un Dpcm del 4 ottobre che ha designato la Colombia come Paese del gruppo F, ovvero tra gli Stati soggetti a dure limitazioni, tra cui il divieto di ingresso in Italia. "L'ultima volta che ci siamo visti è stato a gennaio. Dopodiché ci hanno cancellato tre voli. La volontà di sposarci c'era già al tempo, ma la pandemia iniziava a farsi sentire e così abbiamo deciso di non fissare nessuna data". Solo con il passare dei mesi i due si sono convinti, e hanno scelto il 18 ottobre per unirsi in presenza a Verona, ma ancora una volta i confini per Juan sono rimasti chiusi.

Sofia e il suo compagno non sono le uniche "coppie internazionali" che vivono il disagio di non potersi incontrare. Per l'occasione è nato anche un movimento "Love is not tourism" che denuncia l'impossibilità di questi ragazzi e adulti di riavvicinarsi a causa di serrati controlli dovuti dall'emergenza. L'ingresso in Italia da un Paese del gruppo F è consentito infatti solo per i residenti, a patto però che lo fossero anche prima dell'inizio della pandemia. Una chiara limitazione per tutto coloro che, pur non avendo residenza, vivono nel Paese con il proprio partner. "Mi chiedo - racconta la futura sposa - cos'è una coppia internazionale a distanza se i due devono avere la residenza in Italia? Nel 2020, in un mondo globalizzato, è inaccettabile che non vengano considerate e legittimate queste situazioni, che sono sempre più numerose".

Questo movimento, come racconta Sofia, promuove il ricongiungimento chiedendo l'eliminazione della lista F, il riconoscimento di queste coppie definite "internazionali" e la riduzione della quarantena da 15 a 10 giorni. L'ultimo punto in particolare si riferisce al modo di sviare le limitazioni a cui la Colombia è soggetta: "Per arrivare in Italia Juan potrebbe atterrare in un qualsiasi altro Paese dell'Unione Europea, fare la quarantena di quindici giorni e dopo il tampone entrare in Italia". Una pratica lunga e dispendiosa, ma che gli consentirebbe di rivedere la sua futura moglie. "Intanto aspetto che torni - conclude Sofia - dopodiché con calma vedremo come festeggiare le nozze. Magari quest'estate, speriamo".