mondo

Chi era Nicola Calipari

Lo 007 ucciso dal fuoco Usa

"Qui e' in gioco la vita, non solo quella delle due Simone. C' e' chi sembra non rendersene conto". Dalla voce di Nicola Calipari al telefono filtrava tutta la preoccupazione per la delicatezza del momento. Erano i giorni - nel pieno sequestro delle due volontarie italiane - in cui un giornale del Kuwait pubblico' il suo nome collegandolo all' italiano che si era presentato alle autorita' di un paese arabo con un altro nome per trovare collaborazione e sbloccare la vicenda.

La rivelazione della sua vera identita', ripresa anche dalla stampa italiana, creo' molto scalpore e preoccupazione sia per i timori che il sequestro potesse concludersi tragicamente sia per la stessa incolumita' dei funzionari dei servizi segreti che avevano intessuto la rete di rapporti per cercare di liberarle. Calipari non nascose di essere preoccupato anche per i suoi familiari, la moglie e i due figli, una ragazza di 19 anni e un ragazzo di 13.

Chi lo ha conosciuto, faceva fatica ad immaginarlo nel ruolo dello 007. Piccolo di statura, baffetti chiari, era un tipo tranquillo. Sembrava sempre mantenere il basso profilo, anche quando parlava di una sua operazione conclusa con successo o se gli si facevano i complimenti per una promozione.

Eppure ne aveva fatta di strada. Calabrese di Reggio, classe 1953, era entrato in Polizia nel 1979, assegnato alla squadra mobile di Genova. Una squadra mobile che, anche se in citta' diverse, aveva scandito il suo cammino ultraventennale nell' amministrazione. Dal 1982 proprio in Calabria, nella Questura di Cosenza, aveva avuto i primi incarichi importanti: dirigente della Squadra Volanti, della Squadra Mobile, dell' Ufficio Stranieri fino al ruolo di vice capo di Gabinetto. Furono anni difficili per lui. Raccontano gli amici che subi' minacce talmente pesanti da parte della criminalita' calabrese che nel 1988 si decise di mandarlo con la famiglia in Australia per alcuni mesi. Ufficialmente era in missione per collaborare con la National Crime Authority australiana ma il motivo vero era tenerlo al sicuro, lontano dall' Italia.

Torno' solo quando vennero arrestati i delinquenti che lo avevano minacciato e nel 1989 approdo' alla Questura di Roma. Anche qui' Squadra Mobile, di cui fu vicedirigente per alcuni anni. Poi la guida della Criminalpol Lazio-Umbria-Abruzzo. Dal 1999 fin verso la fine del 2000 sono stati gli anni del Servizio Centrale Operativo (Sco). Infine, la parentesi - breve ma intensa per la coincidenza della complessa vicenda della sanatoria - all' Ufficio Stranieri della Questura prima del grande salto nel Sismi nell' estate del 2002.

Al Servizio Segreto Militare era andato ad occupare il ruolo di capo reparto delle operazioni all' estero. Un incarico delicato di cui si e' capita la portata proprio con le missioni dei militari italiani in Albania, Kosovo, Afghanistan e in Iraq. Anche in quest' ultima circostanza Nicola Calipari faceva la spola con l' Italia per coordinare il lavoro del gruppo di funzionari e di personale che - come accade sempre - segue i contingenti italiani impegnati in operazioni militari e di "peacekeeping" in altri paesi per fornire supporti informativi e lavoro di intelligence.

L' Iraq per Calipari e' stato un banco di prova cruciale non solo per l' attivita' dei soldati ma anche con la faccenda dei sequestri: prima quello dei quattro 'body guard' costato la vita a Fabrizio Quattrocchi, poi quello delle due volontarie Simona Torretta e Simona Pari, conclusosi felicemente; e quello, tragico, di Enzo Baldoni.

Ma il lavoro del suo reparto di specialisti si e' mosso su uno spettro piu' ampio dei confini iracheni. La squadra diretta da Calipari ha seguito anche le indagini che hanno permesso di sventare l'attentato all' ambasciata italiana a Beirut, un progetto che prevedeva l' impiego di 300 chilogrammi di esplosivo. Le forze di polizia libanesi, con il contributo degli investigatori italiani, filmarono per giorni gli spostamenti degli uomini del commando e, quando considerarono maturi i tempi, li arrestarono. Il sequestro di Giuliana Sgrena era l' ultimo caso da risolvere. Per un mese gli uomini del Sismi avevano lavorato sodo e da alcuni giorni si era diffuso un ottimismo tangibile - espresso dallo stesso presidente del consiglio - su una felice soluzione del rapimento. La beffa e' stata che Calipari sia andato incontro al suo destino proprio subito dopo la liberazione incruenta della giornalista, ucciso dai colpi sparati dagli americani contro l' auto che stava portando lei e gli investigatori in aeroporto.

Qualche mese fa, in uno dei suoi periodi in Italia durante i quali faceva di tutto per portare allo stadio Olimpico il figlio tifoso accanito della Roma, Nicola Calipari si trovo' a cena a scherzare e a fare battute con gli amici e i colleghi, che in passato lo avevano spesso preso in giro rimproverandogli di essersi tirato fuori dalla mischia. "Il lavoro che faccio adesso mi affascina - disse - ma non sapete quanto mi manca la polizia".