Covid-19 e crisi del mercato del lavoro, le misure adottate in Italia e in Ue | Guarda l'ottava puntata di "Giovane Europa"
La rubrica di Tgcom24 è andata in onda giovedì 22 ottobre ed è realizzata in collaborazione con la Commissione europea
Secondo gli ultimi dati dell’Inps, nei primi 7 mesi del 2019 le assunzioni in Italia sono calate del 38%. Ed è proprio il mercato del lavoro messo in ginocchio dal Covid il tema della nuova puntata di "Giovane Europa", la rubrica di Tgcom24 realizzata in collaborazione con la Commissione europea. Un situazione che riguarda tutti i Paesi dell’Ue. Nel settimo appuntamento, andato in onda giovedì 22 ottobre, abbiamo elencato le misure messe in campo dagli Stati europei per far fronte a questo problema.
La situazione in Italia - La seconda ondata di Covid è arrivata anche in Italia. Per arginare i contagi, sono state messe in atto una serie di misure restrittive, ma il rischio è che l’economia possa cedere. Si teme la recessione. Per questo, in manovra sono stati inseriti una serie di provvedimenti volti a tutelare ancor di più il settore del lavoro. Quaranta miliardi il valore complessivo della legge di bilancio 2021, quindici dei quali provenienti dal programma Next Generation Eu.
Per sostenere il lavoro, saranno azzerati i contributi a carico delle imprese che assumono giovani sotto i 35 anni anni e previsti tagli del 30% per tutti i dipendenti che lavorano al Sud. Pronti anche cinque miliardi per una nuova tornata di cassa integrazione straordinaria con causali Covid riservata ai settori più colpiti, mentre il rinnovo del bonus di 100 euro per i lavoratori che guadagnano meno di 40mila euro assorbirà circa due miliardi. Ne serviranno almeno quattro per rinnovare gli aiuti a fondo perduto riservati alle piccole e medie imprese, già messe in crisi dalla concorrenza cinese e poi danneggiate dallo stop alle attività produttive.
"La crisi del mercato del lavoro è determinata da diversi fattori - spiega Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente alla SDA Bocconi e ospite della puntata - Ce n’è uno congiunturale, legato appunto alla crisi indotta dal Covid, l’altro è settoriale. Non in tutti i settori, infatti, l’emergenza sanitaria ha avuto lo stesso impatto. I più colpiti sono quelli legati ai servizi alla persona. Inoltre, attualmente, i dati sono drogati dalla situazione di coma farmacologico nel quale il Paese si trova a causa della decisione del governo di bloccare tutti i licenziamenti. I numeri che abbiamo sono distorti da scelte di politica. Ricordo che non è con il blocco dei licenziamenti che si tutelano i posti di lavoro, semmai è con una politica di forte sussidio alla disoccupazione e aiutando la riconfigurazione delle imprese".
Quali sono le risposte che gli altri Stati europei stanno dando per cercare di aiutare l’economia? - In Francia, Paese europeo che per primo ha dovuto affrontare la seconda ondata e le conseguenti misure restrittive volte a contenere il virus, il presidente Macron ha annunciato una serie di misure a sostegno di tutti quei settori colpiti a livello economico da queste restrizioni. E’ stato varato un “aiuto eccezionale” a favore di bar e ristoranti; a questi sarà devoluto il 100% della cassa integrazione fino a 4,5 volte il salario minimo. E’ inoltre stato deciso di non rendere obbligatorio lo smart working. Tra le misure anche il sostegno alla capitalizzazione delle piccole e medie imprese.
In Germania, il governo si è accordato per una maxi manovra. Tra gli aiuti l’estensione della cassa integrazione; sovvenzioni a tutta la rete delle piccole e medie imprese sul territorio, 560 milioni ai sopravvissuti della Shoah, 24 giorni di home office all’anno. Anche la Spagna sta affrontando una manovra economica. L’obiettivo è quello di superare la profonda recessione e la crisi da Covid.
"L’Europa, purtroppo, non ha reagito omogeneamente all’emergenza. L’Ue, però, sta lentamente facendo le veci dei governi nazionali, prendendosi cura per esempio del sussidio di disoccupazione. E’ un piccolo segnale incoraggiante. Non possiamo risolvere questa crisi solo a livello nazionale. Serve trovare un nuovo equilibrio a livello europeo per farsi carico del rilancio", aggiunge Maffè.
Giovani e lavoro - I più colpiti dalla crisi del mercato del lavoro sono i giovani. "Questi mesi e i prossimi potranno essere un’occasione per un piano massiccio di investimenti per formare soprattutto i giovani alle professionalità del futuro. Proprio recentemente sono usciti i trend di nuova domanda e quasi tutti sono legati a competenze digitali. Questa è la strada da prendere, non mettere l’economia sotto una specie di campana di vetro sperando che passi la nottata. In questo senso, è grave la dimenticanza che i governi stanno ponendo nei confronti dei giovani: la preoccupazione è tutelare i posti di lavoro esistenti. I contratti a termine sono stati penalizzati e col blocco dei licenziamenti sono state conservate le posizioni dei più anziani. Stiamo facendo invecchiare l’economia proprio nel momento in cui avrebbe bisogno di una grande accelerazione di competenze e di un passaggio generazionale", continua il professore.
Smart working - Lo smart working può essere un passo verso il futuro? "Lo smart working è una bellissima invenzione purché sia smart, organizzato, e non una scelta d’emergenza. Serve tantissimo lavoro di organizzazione sulle risorse umane e sulle competenze. Troppo smart working spezza le catene sociali, l’identità sociale e quindi non va bene. Ma un po’, se scelto e non subìto, se pianificato e non adottato d’emergenza, è una grande opportunità. Per il Sud per esempio, perché vengono meno le barriere logistiche. Un’opportunità che bisogna saper governare. Bisogna affrontare con coraggio queste nuove sfide e ancora una volta i giovani sono molto più adatti allo smart working perché non hanno problemi a interagire con strumenti digitali", conclude Maffè.
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