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Oristano, prete condannato a 7 anni per favoreggiamento della prostituzione

Secondo la procura Don Giovanni Usai, arrestato nel 2010, avrebbe consentito ad alcune ospiti della comunità di esercitare la prostituzione ottenendo a sua volta prestazioni

Don Giovanni Usai, fondatore della Comunità Il Samaritano di Arborea, è stato condannato dai giudici di Oristano a 7 anni per favoreggiamento della prostituzione. Accolta la richiesta del pm di assolvere il sacerdote dall'accusa di violenza sessuale. Secondo la procura, il prete avrebbe consentito ad alcune ospiti della comunità di esercitare la prostituzione e, secondo l'accusa, avrebbe ottenuto a sua volta prestazioni dalle giovani.

Processo concluso dopo 10 anni - Si è concluso dopo quasi dieci anni il processo a carico del sacerdote sardo, difeso dagli avvocati Anna Maria Uras e Franco Luigi Satta, arrestato alla fine del 2010, quando aveva 67 anni, con l'accusa di violenza sessuale e favoreggiamento della prostituzione. Accuse che don Usai ha sempre respinto, ricordando sia dopo l'arresto che nelle fasi del processo il suo lungo impegno nel sociale, a difesa dei più deboli, nella comunità da lui fondata nel 1983.

Sotto accusa anche due nigeriani - Assieme al sacerdote, che all'epoca era anche cappellano della casa circondariale di Oristano, erano finiti sotto accusa anche due nigeriani ospiti della struttura di recupero, i quali, secondo gli investigatori, avrebbero gestito i contatti tra i clienti e alcune connazionali ospiti della comunità. L'accusa contestata a don Usai era quella di essere stato a conoscenza di quanto accadeva e di non aver fatto nulla per impedirlo e inoltre di aver preteso un rapporto sessuale con un'ospite della comunità in cambio della promessa di un'opportunità di lavoro all'interno della stessa struttura.

"Vittima di un complotto" - Don Usai ha sempre respinto queste ricostruzioni, sostenendo di essere vittima di un complotto ordito da nemici della comunità da lui fondata. Il pm aveva chiesto una condanna a 6 anni (e l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato per abusi sessuali) mentre gli avvocati della difesa avevano sollecitato l'assoluzione, parlando di "processo inquinato". 

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