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The Secret of Monkey Island, trent'anni di un'avventura grafica leggendaria

Nel lontano 1990 scoprivamo per la prima volta le avventure del temibile pirata Guybrush Threepwood e della scimmia a tre teste

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Prima di LucasArts c’era la storica Lucasfilm Games, software house fondata da un certo George Lucas che si ritagliò rapidamente un posto nel cuore dei videogiocatori negli anni ‘80 e ‘90. Oltre infatti a lavorare sulle ovvie proprietà intellettuali della Lucasfilm, ovvero Guerre Stellari e Indiana Jones, Lucasfilm Games si era fatta notare come punto di riferimento in uno specifico ambito, ovvero quello delle avventure grafiche.

Il genere delle storie “punta e clicca” raggiunse infatti, sotto la guida illuminata di persone come Ron Gilbert, Dave Grossman e Tim Schafer, delle vette che molti reputano tuttora ineguagliate. In particolare, dopo aver dato vita alla pratica interfaccia grafica SCUMM (ovvero “Script Creation Utility for Maniac Mansion”, nata appunto per Maniac Mansion, del 1987), la tripletta di autori sopra citata ha creato una delle più amate avventure grafiche di sempre, che guarda caso quest’anno compie ben trent’anni di vita: The Secret of Monkey Island.

Inizialmente pubblicata su PC per poi giungere anche su Amiga, The Secret of Monkey Island si basa sulla semplice premessa di un ingenuo individuo di nome Guybrush Threepwood che insegue il suo sogno: diventare un pirata. La cornice è quella dei Caraibi del diciottesimo secolo, periodo di grandi galeoni e palle di cannone, infarcita da una nutrita quantità di elementi paranormali come magie voodoo e fantasmi: proprio uno di questi, il defunto signor Le Chuck, funge da antagonista nella trama del gioco.

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Mister Guybrush - dicevamo - desidera diventare un pirata e per questo decide di rivolgersi a dei discutibili pirati anziani che per accettarlo nei propri ranghi lo sottopongono a tre impegnative prove: sembra l’inizio di una fiaba per bambini ma in realtà è il punto di partenza per una delle più esilaranti e compiute storie comiche della storia dei videogame. Nel suo viaggio, Guybrush incontrerà ogni genere di personaggi, da caustici teschi parlanti a poco affidabili venditori di galeoni usati. Affronterà labirinti, maestri di duello all’arma bianca e bestie ferocissime (ehm...), senza dimenticarsi di rimanere ammaliato dalla bella di turno, la governatrice Marley che già nel 1990 prendeva ampiamente le distanze dal ruolo della “pulzella in pericolo”, profilandosi invece come un buon esempio di personaggio femminile dotato di carattere.


Tutto questo si traduce in un’avventura punta-e-clicca non lunghissima - una delle poche critiche che all’epoca ricevette il gioco - ma ben infarcita di enigmi e situazioni sempre gustose. In particolare l’interfaccia SCUMM (che propone una serie di verbi come “Raccogli”, “Usa” e “Dai” da combinare con gli oggetti e i personaggi che si incontrano per creare comandi) funzionò molto bene e rese l’avventura immediatamente approcciabile anche a chi era a digiuno da questo genere di videogame.

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All’ottima struttura del gioco - sia come gameplay che soprattutto come narrazione - si abbinava un comparto audiovisivo da applausi, con bellissimi fondali disegnati a mano - niente 3D - personaggi ben animati e una colonna sonora azzeccatissima, impreziosita dal sistema IMUSE di Lucasfilm che modificata i toni e i volumi di musiche ed effetti a seconda delle situazioni (qualcosa che oggi diamo per scontato ma che all’epoca meritava la giusta esposizione).

Sebbene il mercato dei videogame dell’epoca risultasse già ricco di avventure grafiche - ad esempio la storica Sierra Interactive produceva già da tempo le apprezzate serie “Quest” come King’s Quest, Space Quest o Police’s Quest, l’impatto di The Secret of Monkey Island può comunque fortissimo: si trattò di uno dei giochi più attesi e discussi dell’anno e al momento del debutto arrivò in cima alle classifiche di vendita, di fatto ampliando enormemente la platea per questo tipo di videogiochi.

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Da notare che sebbene sia formalmente corretto festeggiare ora i trent’anni del gioco, noi italiani potemmo goderne solo parecchi mesi più tardi: l’edizione localizzata arrivò infatti soltanto nel 1991 inoltrato a causa dei lavori di adattamento, una pratica che all’epoca era ancora inusuale per molti videogame che giungevano nel nostro paese - infatti molte belle avventure grafiche dell’epoca non videro mai la luce in italiano. Un altro aspetto del mercato dei videogame che oggi diamo per scontato ma che all’epoca non lo era affatto. E se le cose iniziarono a cambiare lo dovemmo in parte anche a un pirata pasticcione e alle sue strane avventure.

Nota: sebbene giocare alla versione originale del gioco sia ancora gradevole, in caso vogliate una versione altrettanto accattivante ma più al passo coi tempi potete optare per il remake pubblicato nel 2009 da LucasArts con il titolo The Secret of Monkey Island: Special Edition e facilmente acquistabile per PC sulle piattaforme di digital delivery come Steam.

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