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Seconda ondata di Covid-19, medici e infermieri tornano al fronte: "Ma mancano personale e tutele legali"

Dopo essere stati etichettati come eroi, infermieri e dottori si sentono abbandonati senza protezioni e rinforzi, mentre si combatte contro l'aumento delle cause civili e i rischi di licenziamento

Rabbia, paura e ancora morti. Il mondo degli infermieri e dei medici entra così nella seconda ondata del coronavirus. Sembrano lontani i tempi in cui il personale sanitario veniva definito "eroe". Da Verona, il dottor Claudio Micheletto, direttore dell'unità di penumologia dell'Azienda ospedaliera veronese, denuncia una situazione peggiore rispetto a marzo: "Stiamo facendo una chiamata alle armi, devono tornare medici e infermieri". Intanto in Valle d'Aosta, le organizzazioni di dirigenza medica, sanitaria e veterinaria ospedaliera chiedono "decisioni aziendali responsabili e forti" per far tornare personale all'interno degli ospedali valdostani. Mentre a Napoli un medico di famiglia è deceduto dopo aver contratto il coronavirus assistendo i suoi pazienti. 

Verona - "Sabato 17 ottobre abbiamo riaperto il reparto Covid. - scrive il dott Micheletto sul suo profilo - Riaprire le stanze ci ha emozionato, ci sono tornate davanti le facce di tutti coloro che erano passati da quel reparto in primavera, alle loro sofferenze, ai loro sorrisi, alla soddisfazione di mandarli a casa. Ma anche alla nostra fatica, al sudore, ai vestiti pesanti, alle maschere. Non siamo contenti di rientrare, a marzo affrontavamo l'ignoto, ora sappiamo cosa dobbiamo fare per tutti i prossimi mesi. Pensavamo di tornarci più avanti." E poi arriva la richiesta. Gli ospedali di Verona non chiedono posti ma personale: "Stiamo facendo una chiamata alle armi, dobbiamo richiamare medici e infermieri, dobbiamo allargare la disponibilità. Qui è peggio di marzo, e non parlo certo nei numeri, però il flusso è continuo". Poi continua: "Temo che questa notte si sia innescata una pesante recrudescenza: pronti soccorso strapieni, tante persone con sintomi. Non mi ricordo chi ha detto che il virus era clinicamente morto. Dopo 24 ore consecutive di lavoro forse perdo la memoria."

Valle d'Aosta -  Anche qua, come nel resto della Penisola, il personale sanitario è chiamato nuovamente in corsia per cercare di frenare e combattere la nuova ondata, eppure, la situazione che medici e infermieri si ritrovano davanti è la stessa lasciata qualche mese fa. "Ancora una volta sarà difficilissimo garantire prestazioni sanitarie che hanno permesso, solo pochi mesi fa, di prendere in carico tutti i nostri ammalati, limitando al massimo le pesanti conseguenze da Covid-19". Sottolineano le organizzazioni dei lavoratori che in questi giorni si sono mobilitate in Valle d'Aosta. Ma la denuncia dei sindacati arriva anche sul lato della ricerca di nuovo personale: "Il concorso fatto in questi mesi per assumere medici specialisti pneumologi (e non solo loro) è andato deserto e il concorso per attrarre infettivologi incredibilmente non è ancora stato bandito". Nel frattempo all'interno delle strutture valdostane continuano i pensionamenti e le richieste di trasferimento extraregionale svuotando così la Valle dei suoi professionisti.

Mancano le tutele - Nei giorni scorsi nel quartiere napoletano di Secondigliano, un medico di base è deceduto dopo aver contratto il Covid-19 assistendo i suoi pazienti. Il medico, morto domenica 18 ottobre, era ricoverato in gravi condizioni da poco più di una settimana. Secondo quanto si legge sul gruppo Facebook "Nessuno tocchi Ippocrate" sembra che si fosse ammalato mentre rimuoveva dei punti a un suo assistito risultato successivamente positivo al virus. Sulla stessa pagina si leggono poi numerose richieste, come la necessità di disporre di ambulanze dedicate al soccorso dei pazienti infetti da Covid-19. A Napoli, nei giorni scorsi, è successo che anche 5 ambulanze sulle 17 totali dedicate alle emergenze sanitarie nella metropoli, siamo rimaste ferme fuori dal pronto soccorso all'Ospedale Domenico Cotugno con i pazienti malati di coronavirus, rendendo così impossibile il soccorso tempestivo verso altre emergenze.

Questa è solo una delle mancanze denunciate al personale sanitario. Paolo Mezzana, medico di Roma iscritto al gruppo Facebook "Coronavirus, Sars-Cov-2 e Covid-19 gruppo per soli medici", si è fatto portavoce di un grido di aiuto da parte di numerosi colleghi soggetti a richiami disciplinari o licenziamenti per essersi lamentati della mancanza di protezioni come mascherine e guanti. "Dopo numerose segnalazioni abbiamo deciso di scrivere al ministro Speranza perché riteniamo che la protezione dei medici sia imprescindibile in questo momento per svolgere con serenità il lavoro di assistenza". Ha dichiarato Mezzana all'AdKronos. "Siamo nella paradossale situazione in cui alcuni colleghi, che hanno osato lamentarsi della mancanza di strumenti di tutela per loro stessi e per i pazienti, hanno in corso procedimenti disciplinari e non possono nemmeno denunciarlo".

Cause civili contro i medici - Sempre sul fronte legale parla anche Roberto Rossi, presidente dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri (Omceo) di Milano. "Da metà settembre ho avuto notizia di almeno cinque procedimenti, civili o penali. - Riporta Rossi dopo l'uscita dei dati di Riscatto Medico, cartello sindacale del settore sanitario, che stima l'arrivo di 300-400 cause civili contro i camici bianchi. - L'ultimo caso è un medico di famiglia accusato di non aver riconosciuto un caso di Covid da un mal di gola. I medici sono stati costretti ad operare in assenza di linee guida o di buone pratiche consolidate, nonché di riferimenti bibliografici. Giusto per fare un esempio, a dicembre gli articoli scientifici validi erano pochissimi, mentre oggi sono decine di migliaia". Da quanto dichiara, il problema delle cause legali esiste da sempre anche al di fuori della pandemia, eppure data la situazione potrebbe inasprirsi

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