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Trasporti, come andranno all’università gli studenti ai tempi del Covid?

La maggior parte dei ragazzi si recherà in facoltà solo in caso di bassissimo rischio epidemico. Mezzi pubblici usati sempre meno: l'automobile la principale alternativa. Crescono biciclette e monopattini

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Con l’arrivo dell’autunno e la ripresa della maggior parte delle attività la curva dei contagi da Covid è nuovamente salita e, tra gli aspetti che preoccupano di più, il nodo dei trasporti pubblici è sicuramente ai primi posti dell'elenco. Tra le milioni di persone che ogni giorno si riversano sui vari mezzi, gli studenti universitari rappresentano una delle fette d'utenza più consistenti. Per valutare quale sarà il loro comportamento durante l'anno accademico appena iniziato, la Rete Universitaria per lo Sviluppo Sostenibile (RUS) ha condotto uno studio finalizzato a comprendere come si sposteranno i ragazzi (ma anche il resto del personale accademico) e se l'emergenza sanitaria inciderà in modo più o meno pesante sulle loro abitudini. A riassumerne i contenuti più interessanti è il sito Skuola.net

All’università con il Covid-19? Solo se il rischio è minimo

L’analisi, intitolata “Indagine nazionale sulla mobilità casa-università al tempo del Covid-19” - lanciata a luglio e ancora in corso - ha raccolto le testimonianze di ben 85.000 persone tra studenti (79%), docenti (11%) e personale amministrativo (9,6%) appartenenti a 44 università di tutta Italia. E le risposte analizzate confermano che la percezione della pericolosità del virus è avvertita in modo omogeneo in tutto il Paese, condizionando la vita d'ateneo: il 66% risulta, infatti, propenso a recarsi fisicamente in facoltà, per motivi di studio o di lavoro, solo qualora il rischio di contagiarsi rimanga a livelli minimi. In caso contrario, il 61% degli intervistati si recherebbe in sede solo per motivi realmente urgenti e necessari.

Previsto un 20% in meno di universitari sui mezzi 

Tra le misure di contenimento del virus, adottate dal Governo a livello nazionale, quella relativa al limite massimo di riempimento dei mezzi pubblici, fissato all’80%, rappresenta un modo per cercare di arginare il contatto troppo ravvicinato sui mezzi, presi ogni giorno d’assalto da milioni di persone. Questo, già di per sé, sta portando a un calo generale nell’utilizzo dei trasporti pubblici. Gli universitari non fanno eccezione: secondo le stime effettuate in base ai risultati del report, non a caso è attesa una riduzione del 20% sull’uso del trasporto pubblico da parte delle comunità accademiche. La percentuale maggioritaria del campione (il 13,3%) dichiara che in caso di un peggioramento generale della situazione sanitaria, preferirebbe utilizzare la propria macchina, mentre il 6% sceglierebbe una soluzione offerta dalla mobilità attiva (monopattini, biciclette o andando a piedi). 

La mobilità attiva sostituisce il trasporto pubblico

Stando ai dati emersi dalla ricerca, dunque, nelle prossime settimane – anche in considerazione dell'aumento dei contagi - è prevedibile un ulteriore incremento nell’uso delle automobili, in particolare nel Nord Italia, dove invece nella fase pre-Covid ci si manteneva ad un livello di utilizzo più basso, proprio grazie a una rete di trasporti efficiente e ben distribuita sul territorio. Infine, coloro che prima del lockdown già ricorrevano ai mezzi di mobilità attiva per gli spostamenti casa-università continueranno a sceglierli ancora di più.

Incentivare soluzioni alternative

Proprio in merito all'importanza di soluzioni di mobilità attiva, Matteo Colleoni, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Mobilità della RUS, si mostra assolutamente favorevole, sollecitando le comunità universitarie a farne uso, nella speranza di un progressivo cambio di rotta: “È su queste quote - sottolinea - che le politiche di mobilità devono e possono incidere, sia incentivando un più ampio ricorso alla mobilità attiva, che limitando, con adeguate misure di aumento dell’offerta e gestione dei mezzi, l’abbandono del trasporto pubblico”.

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