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"Liberate Giuliana, è per la pace"

Appello del padre di giornalista Sgrena

Franco Sgrena, il padre della giornalista italiana de "Il Manifesto" rapita in Iraq, ha lanciato il suo appello ai sequestratori. "Mia figlia Giuliana è sempre stata contro la guerra e per la pace. Faccio un appello perché la liberino", ha detto a Torino dove era per una manifestazione del Pdci.

"Mia figlia è stata in quei posti tante volte. Le piace vedere le cose sul posto - ha aggiunto Franco Sgrena - per toccare con mano come stanno le cose. Per questo noi non eravamo preoccupati più di tanto. Era andata via tante volte". Il padre della giornalista rapita ha poi raccontato l' ultima telefonata ricevuta dalla figlia, sabato scorso. Giuliana Sgrena aveva parlato con la mamma Antonietta dicendole che non c'erano problemi e dilungandosi su come si erano svolte le elezioni. "Dalla Farnesina - ha concluso Sgrena - mi hanno detto che non ci sono notizie nuove, ma che si stanno interessando".

Gli Ulema: "I nemici sono gli Usa, non la giornalista"
Del rapimento di Giuliana Sgrena si sta occupando anche il Consiglio degli Ulema Sunniti. Uno dei più influenti membri del Consiglio ha rivolto un appello ai rapitori di perché rilascino al più presto la giornalista italiana e distinguano l'inviata del Manifesto dai "veri nemici americani". Lo ha detto Ahmad Abdul Ghaffur Samarrai, imam della moschea di Um al-Marek, che nel quartiere di Ghazaliya, nella zona ovest di Baghdad, ospita la sede del Consiglio degli ulema.

"Rivolgo un appello per il rilascio della giornalista italiana e spero che venga ascoltato. Penso che questa donna sia debole. I suoi sequestratori devono essere chiari sui veri nemici, che sono gli americani e non questa donna", ha affermato sheikh Samarrai a Baghdad. "I rapitori - ha proseguito l'influente ulema sunnita - devono avere un atteggiamento positivo. Questa giornalista non è una nemica, è venuta in Iraq per scrivere degli americani e delle sofferenze della nostra gente di Falluja sotto occupazione americana. Ho saputo che era venuta a Baghdad per intervistare gli sfollati vittime dell'occupazione americana".

"Sebbene io non sia portavoce del Consiglio degli ulema, molti dei cui membri si trovano attualmente all'estero, credo comunque che il Consiglio assumerebbe la mia stessa posizione", ha quindi puntualizzato l'imam della moschea di Um al-Qura. "Personalmente prego per la giornalista italiana", ha aggiunto.

Il portavoce degli Ulema: "Faremo il possibile per liberarla"
"Faremo tutto il possibile per creare le condizioni che potrebbero portare al rilascio della giornalista italiana", ha aggiunto il portavoce degli ulema sunniti Omar Ragheb. Ma gli ulema non nascondono i dubbi sulla rivendicazione a nome della Jihad Islamica: "In Iraq - ha detto - nessuno ha l'esclusiva di nomi generici come la Jihad Islamica". "A noi - ha aggiunto - non risulta che una tale organizzazione esista realmente e sia operativa nel Paese, direi piuttosto che si tratta di una sigla virtuale".

Omar Ragheb si è detto "addolorato per il rapimento della giornalista italiana", ma ha subito aggiunto che "mentre giovani iracheni innocenti vengono uccisi senza motivo da soldati americani, non bisogna sorprendersi che anche stranieri innocenti abbiano la stessa sorte".

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