Giornalista russa muore dandosi fuoco in strada: "E' colpa dello Stato"
La direttrice della testata Koza.Press, Irina Slavina, prima di mettere in atto il suicidio davanti alla sede della polizia di Nizhny Novgorod, ha lanciato il suo j'accuse in un post su Facebook
"Per piacere, date la colpa della mia morte alla Federazione Russa". Quindi "allo Stato. Quindi a Vladimir Putin. Perché quando si arriva a "L'État, c'est moi!" ("Lo Stato sono io", ndr), poi dove si cade si cade". E' l'ultimo messaggio postato su Facebook da Irina Slavina, direttrice della testata online Koza.Press, prima di darsi fuoco davanti alla sede della polizia di Nizhny Novgorod. C'è chi ha provato, pare, a spegnere le fiamme ma la reporter, in prima linea in una campagna ambientalista cittadina, si è opposta. Ed è spirata così, tra le fiamme, sul marciapiede. La sua casa era stata perquisita il giorno prima.
La perquisizione dell'abitazione e il j'accuse - Un gesto estremo. Forse folle. Ma che sa di "j'accuse" spietato, visto che il giorno prima la casa della giornalista russa era stata perquisita dalla polizia e la reporter era stata accusata di essere in combutta con l'ex oligarca Mikhail Khodorkovsky, ora oppositore incallito del governo russo con base a Londra.
La notizia del suicidio è apparsa come una fucilata sui social russi. A confermare le voci è stata la stessa Koza.Press, citando il marito di Slavina.
Nello stesso giorno la testata liberale russa The Insider aveva pubblicato il suo 'flusso di coscienza' su quanto le era capitato. "Prima che iniziasse la perquisizione mi hanno chiesto di dargli volontariamente opuscoli e volantini di Russia Aperta (Open Russia in inglese, ovvero l'organizzazione fondata da Khodorkovsky, ndr). E' chiaro che non potevo in alcun modo aiutarli dato che non ho nulla a che fare con Open Russia", aveva raccontato Irina.
"Si sostiene che Open Russia finanzi le proteste a Nizhny Novgorod contro lo sviluppo predatorio e peggiorativo di una delle aree verdi piùiconiche della città, il parco Svizzero. Si afferma che Open Russia finanzi queste proteste di massa, mentre la gente scende in piazza del tutto volontariamente e ogni martedì si trova in una 'catena umana' vicino al parco. Come giornalista, non posso ignorare questi eventi e ne ho scritto. Inoltre, io stessa ho partecipato due volte alla catena, perché quello che sta succedendo non può che riguardarmi, come residente di Nizhny Novgorod e come cittadina", aveva sottolineato.
La polizia, stando alla testimonianza della giornalista, aveva confiscato i computer e i cellulari di tutta la famiglia (marito e figlia compresi). "Siamo stati lasciati senza mezzi di comunicazione, non ci hanno rilasciato il verbale, non ho potuto fare una foto al mandato né chiamare l'avvocato".
E a quel punto nella mente di Irina Slavina deve essere maturato il suicidio.
A Nizhny Novgorod c'é una tempesta in corso. Perché nello stesso giorno della perquisizione ai danni di Irina Slavina, la sezione locale del partito socialdemocratico Yabloko - storica sigla nazionale - ha riferito che le forze dell'ordine hanno perquisito gli uffici di Alexey Sadomovsky, il vicepresidente locale del partito, e di tre attivisti. Secondo Yabloko, "le perquisizioni sono state effettuate nell'ambito di un procedimento penale ai sensi dell'articolo sulle attività di un'organizzazione indesiderata, avviato contro uno dei residenti della città". Insomma, sembra aperta una caccia per sedare le proteste.