Giulia Pezzi: "Attraverso l’analisi dei nostri comportamenti possiamo capire chi siamo"
Project Coordinator di Ventiseidieci, la manager lombarda dal mondo della ricerca è arrivata a L’Aquila dove segue le attività della giovane azienda italiana che si occupa di nanotecnologie e informatica
Curiosa e attenta, Giulia Pezzi da qualche anno ricopre il ruolo di coordinatrice per Ventiseidieci che, grazie a tecnologie super sofistate, rende gli oggetti più difficili i più semplici da utilizzare.
Giulia Pezzi, Project Coordinator di Ventiseidieci
Buongiorno, Giulia. Da dove mi risponde?
In questo momento mi trovo a L’Aquila, una città che amo molto e che trovo viva ed effervescente, grazie alle tante aziende che qui hanno costruito un polo di carattere scientifico e tecnologico. Una vera ottima opportunità per la mia azienda e per costruire un network qualificato.
Lei non è abruzzese, mi pare: come è arrivata lì?
Sono in questa città dal 2015 e ci ero arrivata perché lavoravo in un centro di ricerche. Ma è una storia lunga…
Me la racconti, sono curiosa.
Fin da piccola sono sempre stata curiosa e mi è sempre piaciuto girare il mondo per fare nuove esperienze e conoscere realtà diverse. Per esempio, durante gli studi universitari, ho fatto l’Erasmus in Germania, sebbene non conoscessi il tedesco, e poi il dottorato in Austria specializzandomi in antropologia e difendendo la mia tesi, focalizzata sul turismo, proprio in tedesco. Non mi sarebbe affatto dispiaciuto rimanere a vivere in un posto diverso da quello in cui sono cresciuta, la Lombardia, ma sentivo che sarebbe stato giusto dedicare la mia esperienza e la mia formazione al mio Paese e inoltre sentivo la mancanza della mia famiglia, a cui sono molto legata.
L’antropologia è una scienza molto particolare: da cosa nasce il suo interesse?
Mi è sempre interessato studiare la storia e la letteratura e, attraverso l’analisi dei nostri comportamenti, possiamo capire chi siamo, come siamo diventati e perché. Quando ho deciso di intraprendere questo studio non sapevo bene dove mi avrebbe portato in termini di ruolo professionale, ma ho seguito il cuore e sentivo di essere a mio agio e nel posto giusto. In realtà, rientrata in Italia, ho vinto un posto come ricercatrice a Bergamo e mi sono occupata di un progetto legato alla lotta alla corruzione nel periodo in cui fu promulgata la prima legge relativa a questo reato in ambiente pubblico. Un argomento molto spinoso e delicato, soprattutto per una giovane.
Da Bergamo a L’Aquila: come è andata?
Ho seguito un progetto per Expo Milano 2015, molto bello anche se estremamente faticoso, e poi ho vinto un’altra posizione proprio a L’Aquila focalizzato sullo sviluppo turistico, terminato il quale mi sono fermata per chiedermi cosa volessi fare davvero. Un periodo di riflessione molto utile a cui è seguito l’invio di curricula sempre però con l’incertezza legata alla spendibilità dei miei studi in antropologia.
Tuttavia, non è stato difficile trovare chi credesse in lei.
Infatti, è così. Ventiseidieci è una realtà italiana nuova che ha solo tre anni di vita, con sede a Roma, ma che ha aperto uffici nel polo scientifico di questa città, tenuto conto che il core business sono le nanotecnologie e l’informatica, e ha ritenuto che fossi la persona perfetta per un ruolo di coordinamento e visione. Trovo estremamente interessante quello che faccio anche perché è una vera sfida applicare tecnologie incredibilmente sofisticate a oggetti il cui utilizzo deve essere il più semplice possibile. Un esempio? Abbiamo studiato dei biosensori che si applicano come cerotti sulla pelle e che sono capaci di cambiare colore a seconda dello stato di idratazione dell’individuo, informazione molto interessante per chi soffre di particolari patologie o anche per chi pratica sport a livelli medio alti.
Come donna è stato difficile inserirsi in un contesto tipicamente maschile?
Io personalmente non ho trovato nessun ostacolo, ma è un fatto che le donne sono considerate sempre in scadenza: in procinto di sposarsi o di fare figli. Questo atteggiamento condiziona le scelte che vengono fatte a priori e di cui le donne sono oggetto, mai soggetto.
Tempo libero: che mi dice?
Amo il fai da te, sono attratta dai colori e per questo mi dedico alla realizzazione di coperte per i bambini fatte a maglia o all’uncinetto: per me è una specie di yoga che mi consente di concentrarmi appieno in quel che sto facendo e che in qualche modo mi richiama alla tradizione di famiglia che mi è piaciuto recuperare.
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