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Scuola, ecco come hanno affrontato la riapertura i Paesi Ue | Guarda la quarta puntata di Giovane Europa in Emergenza

La rubrica di Tgcom24 è andata in onda giovedì 17 settembre ed è realizzata in collaborazione con il Parlamento europeo

La scuola è il tema centrale della quarta puntata di Giovane Europa in Emergenza, la rubrica di Tgcom24 realizzata in collaborazione con il Parlamento europeo. Come gli Stati dell'Ue hanno affrontato la ripartenza dell'anno scolastico dopo la chiusura dovuta all'emergenza Covid-19? Ne abbiamo parlato con due ospiti: Massimiliano Smeriglio, europarlamentare del partito democratico, e Giuseppe Milazzo, europarlamentare di Forza Italia.

La situazione in Italia - Era il 5 marzo scorso quando, in una conferenza congiunta a Palazzo Chigi, il premier Giuseppe Conte e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina annunciavano in via precauzionale la chiusura di asili, scuole, università. Uno stop che inizialmente sarebbe dovuto durare 6 giorni, ma che poi è durato 6 mesi. Mai un periodo così lungo dal secondo Dopoguerra. Il 14 settembre, la campanella è suonata in 13 Regioni per 5 milioni e mezzo di studenti, per i restanti 2.3 milioni l’appuntamento slitta alla prossima settimana dopo la tornata elettorale. Ma le criticità restano. Secondo quanto riportato dai sindacati, che hanno annunciato una manifestazione per il 26 settembre, molti studenti delle scuole superiori - 6 su 10 - non sono ancora tornati in classe e seguono le lezioni a distanza. Non ci sono spazi sufficienti, non ci sono i banchi, non ci sono gli insegnanti.

La situazione in Europa - Nelle ultime settimane, la scuola ha aperto in quasi tutta Europa, ma in tempi e modalità differenti. La pandemia ha evidenziato la mancanza di linee guida comuni, ogni Paese si è infatti mosso per conto suo. 

“Il problema della scuola, come di altri comparti, è che ci sono i trattati e i trattati vanno cambiati. Per quanto riguarda la formazione e la scuola, bisognerebbe metter mano agli articoli 126 e 127 del trattato di Maastricht. Se non facciamo questo con coraggio, la situazione rimane a macchia di leopardo. Ecco, dobbiamo ‘sfruttare’ la tragedia che abbiamo alle spalle e che ancora stiamo attraversando per rivedere complessivamente l’approccio dell’Ue al comparto scuola, che è un comparto strategico”, dichiara Smeriglio.

“La pandemia ha accentuato la differenza che c’è tra uno Stato e l’altro proprio dal punto di vista della scuola in senso stretto - sottolinea Milazzo -. Basti pensare che noi stiamo riaprendo dopo 6 mesi, ma ci sono Stati che non hanno mai chiuso”.

L’esempio della Danimarca - La Danimarca è stato il primo Paese a riaprire le scuole, lo scorso 15 aprile. “Nel gruppo classe su cui lavorano in Danimarca ci sono 12 tra ragazzi e ragazze. Il modello danese è un grande esempio perché con numeri limitati si fa una scuola migliore”, spiega Smeriglio.

La situazione degli altri Paesi Ue - La Germania è stata tra i primi paesi in Europa a far ripartire le scuole (il 3 agosto). Vediamo le misure messe in campo: l’obbligo della mascherina varia a seconda dei vari Lander; gel igienizzante; gli alunni vengono divisi in gruppi; l’unico distanziamento che c’è è tra i vari gruppi e gli insegnanti (che per anzianità sono quelli che rischiano di più). La decisione di riaprire le scuole presa un mese fa non ha portato a un aumento significativo dei casi. Gli epidemiologi sono ottimisti. 

In Spagna, che ha riaperto le scuole il 7 settembre, la situazione è simile alla nostra. La mascherina è obbligatoria, qualora non venga rispettata la distanza di sicurezza; il governo invita a scaglionare gli ingressi e le uscite; il distanziamento è superiore di mezzo metro rispetto all’Italia (un metro e mezzo); la questione temperatura varia a seconda delle Regioni (deve essere misurata o a casa dai genitori o a scuola dagli insegnanti). Inoltre, il governo spagnolo incentiva al trasporto privato, invitando i bambini a usare le biciclette o ad andare a piedi anziché usare il trasporto pubblico. 

In Francia, la campanella è suonata nuovamente il 1 settembre con le seguenti regole: mascherina obbligatoria per tutti gli adulti e gli alunni sopra gli undici anni; gel igienizzante di cui sono state dotate tutte le scuole; ingressi scaglionati così come le uscite; distanziamento di un metro. La temperatura deve essere misurata a casa dai genitori. La Francia ha fatto parlare molto di sé nelle ultime settimane perché subito dopo aver riaperto le scuole ha dovuto chiuderne un’enorme quantità. Secondo il ministro dell’Educazione francese le cifre sono comunque limitate e corrispondono circa allo 0.13% delle scuole, un numero quindi non complessivamente preoccupante. 

La didattica a distanza - L’alternativa alla scuola è la didattica a distanza, un esperimento che è stato utilizzato durante i mesi del lockdown e che non sempre ha funzionato.

“La scuola è fondamentale, la didattica a distanza può essere e deve essere una eccezione - dichiara Milazzo - Durante la pandemia, senza l’impegno dei genitori la dad sarebbe stata molto più complicata. Aggiungo che la scuola ha bisogno di grandi investimenti, è patrimonio di tutti, è il pilastro della nostra società”. 

Scuola ambasciatrice del Parlamento europeo - NeI 2015, il Parlamento europeo ha lanciato un progetto: Scuola ambasciatrice del Parlamento europeo. Si tratta di un’iniziativa finalizzata a sensibilizzare i giovani sull’Europa, sulle sue istituzioni, sul concetto di democrazia europea. “Soprattutto dopo gli attentati del 2015, c’è stata la necessità di avvicinare ancora di più le scuole ai ragazzi. Sono partiti diversi progetti, tra cui questo - conclude Smeriglio -. Al centro anche la storia, l’identità europea, il senso civico, la partecipazione di tutti i cittadini d’Europa. Questo progetto apre la strada a un sempre maggior coordinamento della formazione dei ragazzi, ma anche dei docenti. Serve anche un nuovo approccio all’apprendimento. E questo progetto che l’Europa mette a disposizione può darci una grande mano e aiutarci a rialzarci dopo la pandemia”.