Covid, media: "Un boss su 2 resta ai domiciliari nonostante il decreto Bonafede" | Il Garante smentisce: "Ne è rimasto solo uno"
Secondo ricostruzioni di stampa ci sarebbero ancora 112 mafiosi condannati che non sono rientrati in cella dopo la fine dell'emergenza. Bonafede: "Avviato monitoraggio"
Sono 112 (su 223) i boss mafiosi posti ai domiciliari ad aprile in pieno lockdown e mai più ritornati dietro le sbarre nonostante il decreto Bonafede, quello che avrebbe dovuto riportarli in cella. In realtà, secondo indiscrezioni di stampa, sono ancora nelle loro case nomi eccellenti di Cosa Nostra. Ma il Garante nazionale delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, precisa: "Di persona detenuta al 41 bis ancora ai domiciliari ce n'è una sola".
I 223 messi ai domiciliari in seguito al lockdown - A fare i conti è stata Repubblica, che ha chiesto i numeri al ministero della Giustizia. E ha scoperto che gli scarcerati in seguito al pericolo del coronavirus sono stati 223: tra questi, sono tornati in prigione 112. In realtà però il 14 maggio Bonafede aveva parlato di "498 scarcerati tra alta sorveglianza e 41 bis". Al Dap spiegano che i numeri non tornano perché solo 223 erano usciti per motivi legati al Covid, mentre per gli altri 275 il beneficio dei domiciliari era legato a "cause diverse". Si parla di "fisiologiche cause processuali, applicazione di benefici previsti dalla legge, motivazioni sanitarie pregresse del tutto distinte dal rischio Covid".
Nomi eccellenti ancora fuori - Il numero dei condannati ancora ai domiciliari resta dunque significativo. Tra quelli segnalati, c'è Ciccio La Rocca, il padrino di Caltagirone su cui aveva indagato il giudice Falcone e che era stato condannato all'ergastolo. O il ras della mafia dei pascoli Gino Bontempo, famoso per aver fatto incetta dei contributi europei per i Nebrodi. O ancora, l'ex vicino di casa di Totò Riina, Pino Sansone, a casa da fine aprile.
Quelli tornati in cella - Al ministero replicano che si è fatto di tutto "per far fronte alla situazione che si era venuta a determinare". Spiegano che quel decreto ha imposto ai giudici "rivalutazioni periodiche delle posizioni degli scarcerati". E che in cella sono tornati nomi come il padrino della Cupola Francesco Bonura e il killer di Cosa Nostra Antonino Sudato, il carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo, Franco Cataldo, e il boss palermitano Nino Sacco, erede dei Graviano di Brancaccio.
E quelli che restano fuori - I problemi di applicazione di quel decreto, d'altra parte, sono stati decisivi in diverse occasioni. Il tribunale di sorveglianza di Sassari per esempio, chiamato a occuparsi del boss dei Casalesi Pasquale Zagaria, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sul decreto: quell'obbligo potrebbe "violare la sfera di competenza riservata all'autorità giudiziaria" e quindi il "principio di separazione dei poteri". E dunque Zagaria resta fuori.
E poi ci sono gli avvocati, che denunciano la violazione del diritto di difesa e quello alla salute. E ai domiciliari, oltre al capo dei Casalesi, restano tanti altri: come i tre boss della provincia di Palermo: Giuseppe Libreri, di Termini Imerese, Stefano Contino di Cerda, Diego Guzzino di Caccamo.
Il Garante chiarisce: "Solo un boss al 41 bis ai domiciliari" A ridimensionare la polemica è il Garante Mauro Palma, che afferma: "Di persona detenuta al 41 bis attualmente ancora ai domiciliari ce n'e'è una sola, pendente il ricorso davanti alla Corte Costituzionale".
Bonafede: "Su scarcerazioni avviato monitoraggio" Sulle scarcerazioni legate all'emergenza Covid, "decise dalla magistratura in piena autonomia e indipendenza nel bel mezzo della pandemia", il ministro della Giustizia ha "già avviato uno stretto monitoraggio per verificare l'applicazione dei due decreti antimafia", che hanno imposto ai giudici di rivalutare le loro decisioni. Lo sottolinea il Guardasigilli Alfonso Bonafede in un post su Facebook