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Colombia, una fuga di notizie avrebbe fatto dimettere il ministro della Difesa: nuove rivelazioni sulla morte di Paciolla

I media locali parlano di nuove circostanze legate alla scomparsa del dipendente Onu, il 15 luglio, attribuita inizialmente a un suicidio

La morte del dipendente dell'Onu in Colombia, Mario Paciolla, il 15 luglio, attribuita all'inizio ad un suicidio, potrebbe essere invece in relazione con una fuga di notizie di un rapporto che avrebbe portato alle dimissioni lo scorso anno del ministro della Difesa Guillermo Botero. Lo scrive il quotidiano El Espectador. Botero fu costretto a dimettersi di fronte al rischio di una mozione di censura in preparazione contro di lui in Parlamento.

Un bombardamento e sette minori uccisi - Poco prima c'era stato un bombardamento militare in cui erano morti sette minori tra i 12 e i 17 anni, legati a un gruppo dissidente delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Secondo la giornalista Claudia Julieta Duque, Paciolla fu tra gli incaricati di verificare le circostanze del bombardamento, avvenuto nel 2019 in Caquetà. Il suo lavoro sarebbe stato però utilizzato dal senatore Roy Barreras in un dibattito che mise in gravi difficoltà in Parlamento il ministro Botero. Le conclusioni della verifica, redatte da Paciolla e da altri dipendenti della missione Onu sugli accordi di pace, sarebbero arrivate attraverso il responsabile Onu regionale, Raùl Rosende, nelle mani di Barreras, che ha smentito con forza la versione. 

Secondo il giornale, per questo Paciolla "si sentiva in pericolo, tradito, usato, e arrabbiato con i suoi superiori, al punto da chiedere un trasferimento in un altra sede, mai ottenuto". 

Il mouse "insanguinato" - El Espectator rivela poi che nella sede della missione Onu a Bogotà "è stato trovato un mouse del computer di Paciolla che dipendenti delle Nazioni Unite, guidati dal capo della sicurezza della missione nel Caguàn ed ex militare a riposo dell'esercito colombiano, Christian Leonardo Thompson Garzòn, hanno sottratto nel suo domicilio all'indomani della morte".

Il dispositivo, si dice, "appare nell'inventario inviato alla famiglia della vittima, che però finora non ha ricevuto assolutamente nulla". Quello che non si sapeva finora, sostiene la giornalista, "è che una prova tecnica realizzata da funzionari della Procura ha indicato che il mouse era impregnato di sangue, ma nonostante questo fu pulito e prelevato dall'Onu".