Innamoratissima del suo nipotino, fin da piccola Gloria Inglese ha lavorato nell’impresa di panificazione e dolciaria fondata dal papà, con grande rispetto per la tradizione, ma anche con la capacità di innovare intercettando nuovi bisogni e di affacciarsi su un nuovo mercato, quello degli alimenti privi di glutine.
Buongiorno, Gloria. Con lei ricomincio a raccontare le storie della nostra rubrica dopo la pausa estiva; mi chiedo come vede, dal suo punto di vista, la ripresa in autunno…
Si tratta ovviamente di un momento molto particolare, tenuto conto di quello che sta accadendo. Tuttavia, ammetto che per la nostra tipologia di prodotti, che fanno riferimento al settore alimentare e nello specifico ai cibi privi di glutine, non abbiamo avuto grossi scossoni, se non una leggera flessione nel mese di aprile, il più difficile nel periodo di lockdown.
Come è andata nella sua regione, il Friuli Venezia Giulia?
Il nostro è un territorio molto particolare e non molto grande, dove vivono solo 1,5 milioni di abitanti. Grazie al cielo, non siamo stati molto colpiti e il Covid-19 ha colpito in maniera molto circoscritta. Il mio più grande cruccio è stato non poter vedere il mio nipotino Leonardo per più di due mesi.
Sono curiosa: mi racconta un po’ della sua azienda?
La mia è una azienda familiare, che il prossimo anno spegnerà 60 candeline. Era il 1961 infatti quando mio padre fondò questa piccola impresa, che al tempo si occupava di sfornare pane e biscotti. Mio papà, infatti, aveva iniziato a lavorare come garzone nel retrobottega di un laboratorio e, senza neppure dormire, di notte, preparava i biscotti che poi vendeva nel primo negozio che aprì con mia mamma. Furono anni di grandissimi sacrifici, che però hanno poi ripagato gli sforzi fatti; non è un caso comunque che mio padre sia sempre stato il nostro punto di riferimento, la nostra guida tanto da volerlo ritrarre anche nel logo del nostro brand.
Quando ha iniziato a lavorare nell'impresa di famiglia?
Da piccolissima, avevo solo 8 anni! Mia mamma ebbe mio fratello e io iniziai a dare una mano in azienda. Ho avuto una infanzia di lavoro che mi ha lasciato ben poco spazio per il gioco. Pensi che avevo finito da poco la terza media quando fui messa a capo di un negozio: non ero abbastanza grande da avere la patente, ma sufficientemente preparata e responsabile per dirigere un punto vendita… Peraltro, non ho mai smesso di formarmi: ho seguito moltissimi corsi e mi sono data una istruzione anche manageriale da autodidatta.
Torniamo al “Gluten Free”: come è nata l'idea?
All'incirca sette o otto anni fa abbiamo subito una forte contrazione delle vendite a causa della concorrenza con le imprese al di là del confine: la Slovenia ha messo sul mercato prodotti molto più economici, potendo contare su costi di produzione decisamente più bassi, e per la Grande Distribuzione questo è stato un elemento di scelta fondamentale. Tra le nostre amicizie, qualcuno iniziò a parlarci della celiachia e della necessità di poter contare su prodotti da forno privi di glutine; ci siamo informati e abbiamo dato il via alla produzione.
"Gaia" è una realtà giovanissima, quindi.
Assolutamente, sì. Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto nel 2013, ma poi siamo diventati operativi due anni più tardi. Anche la scelta del nome non è stata casuale: dopo attente ricerche di mercato, abbiamo capito che il consumatore vuole conoscere chi sta dietro al prodotto, saperne la storia, la tradizione. Siamo quindi arrivati a "Gaia, Inglese gluten free, artigiani del gusto dal 1961" con la figura del papà nel marchio del prodotto. Quello che volevamo era che chi è costretto a scegliere alimenti senza glutine non debba sentirsi malato, perciò quando acquista un prodotto questo non deve ricordare il nome di un farmaco, perché non lo è.
Mi parlava di suo fratello: lavorate insieme, mi pare.
E’ così, infatti. Il nostro board è composto da quattro persone e siamo io, mio fratello, che si occupa della produzione, la sua compagna, responsabile della Ricerca e Sviluppo, e mio figlio Francesco, a cui spetta il compito di coordinare tutta l’attività commerciale e marketing. Un gruppo ristrettissimo, all’interno del quale non manca il confronto, ma che lavora coeso e con grande passione ed entusiasmo.
Lavoro e famiglia: me ne parla?
Non è stato facile, naturalmente. Io ho due figli: oltre a Francesco, c'è anche Giulia, che ha 24 anni e fa la barlady, una autentica passione per lei. Negli anni ho sacrificato tutto il mio tempo libero, ma ne è valsa la pena ovviamente. Noi donne dobbiamo saper gestire tutto, quindi è fondamentale essere super organizzate; anche adesso che sono diventata nonna mi organizzo, perché non posso assolutamente rinunciare alla mia mezza giornata settimanale con il mio nipotino, che adoro. Ha solo due anni e parla tantissimo, è un amore.
Quanto alle donne, un consiglio per chi volesse diventare imprenditrice?
Occorre avere tanta tenacia, caparbietà e idee ben chiare. Non bisogna mai mollare, perché il percorso è impervio e denso di difficoltà: gli intoppi ci sono sempre, ma non bisogna fermarsi. Con l’età si impara a superare le avversità e a picchiare i pugni sul tavolo, se serve.
Hobby o frivolezze?
Tenuto conto che ho pochissimo tempo libero, cucino quando posso anche se mi piace molto, poi naturalmente un po’ di shopping me lo concedo ogni tanto. In ogni caso, quel che più amo è regalarmi qualche ora alla spa: l’Austria da noi dista poco più di un’oretta e quindi è facile trovare qualche bel posticino dove fare una pausa rigenerante.
Qualcosa su di sé.
So gestire molto bene le emozioni, quindi non ho problemi a concentrarmi sul lavoro anche nei momenti più difficili; inoltre, se so di avere ragione vado avanti con determinazione e fermezza, ma se ho torto non ho problemi a chiedere scusa. Inoltre, debbo ammettere che ho scoperto una nuova dimensione con il piccolo Leonardo: non avrei mai creduto di poter provare certe emozioni. I nipoti ti fanno diventare quello che non sei mai stata: con loro c'è solo amore e niente responsabilità, davvero favoloso.