Bestiario Haraway, un viaggio fra gli animali della filosofa americana
I saggi dell’autrice di Manifesto Cyborg brulicano di folle non umane. Il bestiario approfondisce i concetti chiave della filosofa americana ed elabora una teoria femminista multispecie
Dai miti fondativi a Esopo, dalle grandi religioni a Walt Disney. Le culture umane hanno sempre usato gli animali “altri” come simboli, o come rispecchiamento e accentuazione delle caratteristiche della propria specie, una semplificazione che – essendo identificazione parziale – è anche un’affermazione di appropriazione e distacco. Coerentemente a questa impostazione, anche le pagine dei bestiari hanno sempre funzionato come uno dei tanti spazi di domesticazione, alla pari di riserve, zoo, allevamenti, circhi che acquisiscono animali – reali o immaginari – e ne fanno riflesso di sé.
Parte da questa osservazione Bestiario Haraway, il testo della sociologa Federica Timeto incentrato sul ruolo degli animali nel lavoro della filosofa statunitense Donna Haraway. Nei testi di Haraway però, “gli animali non luccicano come specchi, non riflettono come schermi, non sottostanno come supporti”. E quindi, come la filosofa scardina tassonomie zoologiche tradizionali, così Timeto infrange i confini all’interno del bestiario stesso, accostando il tessuto accademico e critico del capitolo I primati alla poesia di quello sul gatto; avvicinando il cane e l’oncotopo (il topo creato in laboratorio e al laboratorio destinato per la sperimentazione, numero di brevetto 4.736.866); trattando, affiancandoli, i piccioni e i microrganismi. Nella sua scrittura, Timeto mescola studi culturali e visuali, sociologia ed estetica, insieme ad arte e poesia.
Se la specie per Haraway è un ossimoro, non può che esserlo anche un bestiario che parte dai suoi testi, poiché in esso i recinti si rompono e gli animali non rimangono relegati al ruolo di passivi oggetti osservati e classificati, ma divengono specie compagne in un’evoluzione condivisa e in una definizione reciproca, come con solenne levità dimostra il capitolo Incontrarsi (Gatto).
Affascinanti le narrazioni che dedicano un capitolo a ciascuna specie, ognuna delle quali però mantiene sfumati i suoi contorni. Non meno affascinante è l’inedita intervista a Donna Haraway che apre il libro. Nei confronti della filosofa studiata, ammirata e fatta punto di partenza, Timeto non esita a essere critica quando ha l’impressione che la spinta di Haraway si esaurisca quasi in una rassegnata accettazione di uno stato di cose che può apparire inevitabile.
Haraway si definisce una compostista, non una post-umanista. E l’idea del compost non può non richiamare alla mente l’apertura del testo di Alan Weisman, Il mondo senza di noi, in cui l’autore fa riferimento alla forza della vita, che dalla morte indistintamente trae nutrimento, come nel sottobosco della Białowieża Puszcza, da organismi in decomposizione, nasce la vita nelle sue più svariate forme e in essi pullula. Anche in questo caso, con una mente pronta a percepire l’inconcepibile, potremmo assistere allo scardinamento finale delle nostre categorie, in quello del dualismo vita/morte.
“Non si può fare la conta dei viventi, dei morti, dei non morti, dei mai nati e dei dissolti separando le specie: chi può nascere e chi è costretto a farlo, chi muore o chi è ucciso, chi sopravvive e chi scompare, tout se tient.”
Irene Chias
Ogni capitolo è accompagnato da un’illustrazione di Silvia Giambrone, che in una nota spiega le sue scelte.
Qui una galleria delle immagini per i lettori di Tgcom24
Le immagini di Bestiario Haraway
BESTIARIO HARAWAY. PER UN FEMMINISMO MULTISPECIE
di Federica Timeto e Silvia Giambrone
Mimesis/Eterotropie
228 pagine
Prezzo: 20€
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