"Per noi non è stato un fulmine a ciel sereno"

Caso Guidi, No Ombrina: ora la politica rifletta sul referendum del 17 aprile

"Da tempo denunciamo il conflitto di interessi del ministro", ricorda Alessandro Lanci, del coordinamento abruzzese anti-trivelle. "Ora ci aspettiamo che partiti e società civile vogliano cambiare rotta con il Sì"

Per il Coordinamento No Ombrina dell'Abruzzo le dimissioni dal governo Renzi del ministro dello Sviluppo Federica Guidi a seguito dell'inchiesta sul petrolio lucano "non è una sorpresa". "Da sempre denunciamo il suo conflitto di interessi", puntualizza Alessandro Lanci, presidente di Nuovo Senso Civico, una delle più grandi associazioni confluite nel Coordinamento abruzzese dei No Ombrina, da anni impegnanti a difendere la costa adriatica dalla costruzione di nuove piattaforme estrattive. Ecco, a suo avviso, le conseguenze che la vicenda avrà sul referendum anti-trivelle del 17 aprile.

Per i No Ombrina la vicenda Guidi è un fulmine a ciel sereno?
Assolutamente no, sicuramente lo è per il governo. Il Coordinamento da sempre denuncia il grave conflitto di interessi del ministro Guidi, lei stessa titolare di un'azienda legata al settore energetico. E il fatto che il governo chiami all'astensionismo per l'appuntamento del 17 aprile è da ritenersi un fatto grave.

Che spiegazioni vi siete dati?
Un partito di governo deve favorire il voto, che sia Sì, che sia No. Ma questo episodio spiega quanto sia vicino l'esecutivo agli interessi dei petrolieri. Il paradosso è che poi Renzi a ottobre ci chiede di andare votare per il referendum sulla riforma costituzionale.

La vostra posizione è per il Sì il 17 aprile. Ma che effetti avrà sul raggiungimento del quorum il caso Guidi?
Quello che per prima cosa ci auguriamo è che il governo rifletta sulla gravità della commistione tra potere politico e alcuni settori forti dell'economia. Ci piacerebbe che a interrogarsi ci fosse anche quella parte del Partito Democratico che sulla questione trivelle sì trivelle no ci sembra indecisa, titubante. E infine l'invito va a tutta la società civile, perché il referendum in sé influisce poco sulle attuali attività estrattive, ma il voto deve dare un segnale politico forte: cambiamo rotta, il futuro dell'energia è nelle rinnovabili, non nei fossili.