"QUALE SVOLTA?"

Omicidio Regeni, l'Italia non crede agli arresti delle autorità egiziane

Investigatori e inquirenti italiani sollevano dubbi sulla "svolta" di cui parlano i colleghi de Il Cairo. Palazzo Chigi: "Determinati a fare piena luce"

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"Il caso Regeni non è affatto chiuso". Investigatori e inquirenti italiani sollevano diversi dubbi sulla "svolta" di cui parlano i colleghi egiziani e precisano: "Non c'è alcun elemento certo che confermi che siano stati loro", riferendosi ai cinque uccisi a Il Cairo in uno scontro a fuoco con la polizia. E ricordano che, a due mesi dalla morte del giovane, l'Italia è ancora in attesa di documenti e atti fondamentali dell'inchiesta egiziana.

Si muove anche Palazzo Chigi - Fonti di Palazzo Chigi fanno sapere di seguire da vicino gli sviluppi della vicenda: "Il governo italiano continua a essere determinato affinché le indagini in corso facciano piena, totale luce, senza ombre o aloni sulla morte del giovane ricercatore italiano".

Perché i banditi hanno conservato i documenti di Regeni?- Tre le incongruenze nella ricostruzione del Cairo, secondo inquirenti ed investigatori. Il primo dubbio è legato proprio al ritrovamento dei documenti di Regeni: non è credibile, sottolineano fonti qualificate, che una banda di sequestratori e rapinatori abbia conservato per mesi passaporto e telefoni, con il rischio concreto di essere scoperti. Chiunque se ne sarebbe liberato all'istante. Il sospetto è che quei documenti siano stati conservati da qualcun altro per poi farli saltare fuori al momento opportuno.

Perché venne seviziato se volevano solo rapinarlo? - Un altro punto che lascia molti dubbi è legato alle sevizie riscontrate sul corpo di Giulio e confermate anche dall'autopsia egiziana consegnata agli inquirenti italiani: perché una banda che aveva come unico obiettivo quello di rapinare Regeni lo avrebbe torturato per almeno una settimana?

Dubbi anche sul conflitto a fuoco - Così come non è credibile, secondo le nostre autorità, la vicenda del conflitto a fuoco in cui sono morti tutti coloro che in qualche modo avrebbero potuto fornire informazioni utili. Allo stato, inoltre, non c'è una sola prova accettabile dal punto di vista processuale che consenta ai nostri investigatori ed inquirenti di avere elementi che riconducano l'omicidio del ricercatore ai rapinatori uccisi giovedì.

L'Italia: "Continueremo a scavare seguendo le nostre piste" - "Dobbiamo continuare a scavare seguendo le nostre piste per trovare prove certe e fugare i dubbi", dicono le fonti, sottolineando che ad oggi l'Egitto non ha ancora risposto a due richieste ritenute fondamentali: la consegna di tutte le immagini delle telecamere della zona dove abitava Giulio e delle due stazioni della metropolitana che avrebbe dovuto utilizzare la sera della scomparsa e la consegna dei tabulati con l'elenco dei telefoni che il 25 gennaio hanno agganciato la cella che copre la zona dove abitava il ricercatore e di quelli contenenti i cellulari che il 3 febbraio hanno impegnato la cella dove è stato ritrovato il cadavere di Giulio.

Procura Roma: "Elementi comunicati non idonei" - "La Procura di Roma ritiene che gli elementi finora comunicati dalla Procura egiziana al team di investigatori italiani presenti al Cairo non siano idonei per fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni e per identificare i responsabili dell'omicidio", ha spiegato il procuratore Giuseppe Pignatone.

La versione de Il Cairo: "Ucciso perché resisteva alla rapina" - Intanto, come riferito da una fonte della Procura generale egiziana, la sorella e la moglie del capo della banda di criminali hanno sostenuto che il giovane ricercatore friulano è stato ucciso perché resisteva alla rapina. Le due donne, nel corso di una deposizione, "hanno confermato che l'accusato ha effettivamente commesso questo atto ma non per ucciderlo, bensì per derubarlo". "La vittima però ha resistito, cosa che ha spinto l'accusato e i suoi compari ad aggredirlo: circostanza che ha causato il decesso", hanno aggiunto.

Genitori Regeni: "Governo reagisca a messa in scena" - I genitori di Giulio Regeni si sono detti "feriti ed amareggiati dall'ennesimo tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane" e "certi della fermezza con la quale saprà reagire il nostro governo a questa oltraggiosa messa in scena". "Siamo feriti ed amareggiati - si legge in una nota - dall'ennesimo tentativo di depistaggio da parte delle autorità egiziane sulla barbara uccisione di nostro figlio Giulio che, esattamente due mesi fa, veniva rapito al Cairo e poi fatto ritrovare cadavere dopo otto giorni di tortura". "Siamo certi della fermezza con la quale saprà reagire il nostro governo a questa oltraggiosa messa in scena che peraltro e' costata la vita a cinque persone, così come sappiamo che le istituzioni, la nostra procura ed i singoli cittadini non ci lasceranno soli a chiedere ed esigere verità". "Lo si deve non solo a Giulio - hanno aggiunto - ma alla dignità di questo Paese".