Il calo delle esportazioni italiane – a gennaio, quelle nell'area extra-UE sono diminuite su base congiunturale in tutti i comparti – è iniziato negli ultimi mesi dello scorso anno. Le sanzioni verso la Russia e il crollo delle importazioni cinesi hanno inciso molto sull'andamento dell'export che ha subìto gli effetti anche di altri fattori.
Nella sua Mappa dei Rischi 2016 il SACE, società assicurativo finanziaria del gruppo Cassa depositi e prestiti, sostiene che diversi fattori – i bassi prezzi delle materie prime, l'aumento del debito dei Paesi emergenti e il terrorismo internazionale – si sono ripercossi soprattutto sui mercati emergenti, influenzando negativamente le esportazioni italiane e causando la perdita di oltre cinque miliardi di euro nel 2015.
Ma il SACE si dice ottimista per il futuro. Scommettendo su alcuni mercati a elevato potenziale – il rapporto ne elenca quindici: Algeria, Cile, Cina, Emirati Arabi Uniti, Filippine, India, Iran, Kenya, Malaysia, Marocco, Messico, Perù, Polonia, Spagna e Turchia –, entro il 2019 le imprese italiane potrebbero esportare prodotti per 31 miliardi di euro.
Secondo il SACE, infatti, esiste un ampio insieme di Paesi che presentano rilevanti opportunità e profili di rischio certamente non trascurabili, ma che possono essere affrontati con successo grazie a informazioni più accurate, coperture specifiche e un approccio strategico.
In particolare, quello iraniano è un mercato decisamente promettente – l'Iran conta 85 milioni di abitanti, di cui due terzi hanno meno di 35 anni d'età –, con un'economia destinata a crescere nell'immediato futuro: la Banca mondiale prevede un aumento del Prodotto interno lordo (PIL) fino al 6% per quest'anno.
Con la revoca delle sanzioni internazionali, avvenuta a metà gennaio, le imprese italiane sono tornate ad esportarvi le proprie merci: secondo il SACE, le esportazioni dal nostro Paese verso la Repubblica islamica potrebbero superare i tre miliardi di euro tra il 2015 e il 2018.