Ci sarebbe un diverbio dietro l'omicidio di Pordenone. Sarebbe questo il movente per cui Giosuè Ruotolo avrebbe ucciso i due fidanzati, delitto per cui l'uomo è stato chiuso nel carcere di Belluno. L'accesa discussione, tra Ruotolo e Trifone Ragone, sarebbe sfociata in uno scontro fisico, in seguito al quale Ruotolo avrebbe progettato la vendetta.
Il litigio tra i due commilitoni, ed ex coinquilini, fu dunque alla base del duplice omicidio della sera del 17 marzo, nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone.
Dalla memoria dell'iPhone di Teresa Costanza, grazie a un particolare software, sono stati estratti i messaggi provenienti da un profilo anonimo, da venerdì 26 giugno all'11 luglio, come ha fatto sapere il procuratore capo di Pordenone, Marco Martani.
Una sedicente "Annalisa" affermava di essere l'amante di Trifone Ragone, per minare il rapporto della coppia di fidanzati. I particolari erano minuziosi, rendendo credibili le accuse, ma hanno fornito agli inquirenti elementi per restringere il campo sui potenziali autori di questa molestia.
Di fatto, queste dichiarazioni potevano essere state fatte solo dai coinquilini dell'epoca. Per questo Ragone ha affrontato a uno a uno i compagni di appartamento. "Per esclusione è arrivato a Ruotolo - ha precisato Martani - come ci hanno dichiarato gli altri coinquilini: Trifone aveva quindi picchiato Ruotolo procurandogli un labbro tagliato e gonfiore agli zigomi. Raccontando l'episodio agli inquilini Giosuè aveva minacciato vendetta, mentre Trifone aveva paventato la possibilità di procedere con una denuncia, quindi con la possibilità che Ruotolo venisse accusato di sostituzione di persona, molestie e peculato militare".
"Accuse che, se confermate - ha commentato il pm - sarebbero state di pregiudizio sia per la permanenza nell'esercito sia per il transito nella guardia di finanza".
Pericolo inquinamento prove - In Procura hanno poi spiegato che "esistono gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Ruotolo" e per questo è stata disposta la custodia cautelare. "Ha inciso - ha detto il procuratore - il pericolo di inquinamento delle prove poste in atto tanto da Ruotolo quanto dalla fidanzata Maria Rosaria Patrone".
Il primo è più grave "inquinamento" è stato l'omicidio di Teresa, ha detto il pm, "perché era Trifone di cui Ruotolo si voleva vendicare, ma Teresa avrebbe potuto mettere gli inquirenti sulla pista giusta raccontando i dissidi recenti coi due fidanzati".
"Ruotolo - ha aggiunto Martani - aveva dato corso a numerose cancellazioni sospette dal pc e dal telefonino. La prima avviene nella serata del 18 settembre, il giorno in cui i media diffondono la notizia. Comportamento reiterato nelle settimane seguenti. Vengono cancellati anche dati dal pc di Somma Vesuviana, forse da parte del fratello, che procede a cancellare i dati e le chat dei mesi precedenti".
Testimone chiave un runner - E' poi emerso che il "testimone chiave" risulta un runner, un atleta che stava facendo jogging attorno al palazzetto dello sport al momento del delitto. E' stato lui, ha detto il procuratore, che "ha incrociato le vittime mentre stavano per salire sulla loro auto incamminandosi lungo via Amendola, indicando precisamente ai carabinieri la zona dove si trovava in quell'istante. Lo stesso atleta ha completato il proprio allenamento nella stessa zona del parco di San Valentino. Si tratta di 420 metri percorsi in un lasso di tempo compreso tra due minuti e mezzo e tre minuti. La medesima telecamera inquadra trenta secondi prima la vettura di Ruotolo: cioè poco dopo che l'omicidio è stato commesso. La vettura di Ruotolo si doveva quindi per forza trovare nel luogo in cui l'omicidio è stato commesso".
La stessa vettura, dice Martani, "in una seconda curiosa coincidenza si ferma nel parco di San Valentino per un percorso di jogging: il tempo dichiarato da Ruotolo è incompatibile con il tracciato riferito. Il percorso è invece compatibile con la possibilità di raggiungere la zona del laghetto dove è stata trovata la pistola. Non è vero nemmeno che la sosta fuori dal palasport è durata solo dieci minuti, ma almeno 25 minuti prima del momento in cui lo ritraggono in uscita dal parcheggio. Ruotolo è quindi rimasto nel parcheggio per molto tempo e tanti stalli si erano nel frattempo liberati: inverosimile quindi che egli si sia fermato per soli dieci minuti e senza poter lasciare l'auto in sosta in un parcheggio, come dichiarato per giustificare la propria presenza e l'improvvisa decisione di andarsene proprio nei secondi in cui l'efferato crimine veniva consumato".