Quattordici persone sono state arrestate a Roma con l'accusa di aver permesso l'introduzione nel carcere di Velletri di droga, cellulari e schede telefoniche da destinare ai detenuti. Tra i coinvolti anche un agente della polizia penitenziaria e un infermiere in servizio all'interno del carcere. Perquisizioni anche negli istituti di pena di Civitavecchia, Frosinone, Rebibbia, Regina Coeli, Campobasso, Viterbo e Spoleto.
"Siamo in tre in cella e parliamo tutti al cellulare" - "Adesso in cella siamo in tre, tutti e tre a parlare al telefono". Questo il testo di una delle numerose intercettazioni effettuate dai carabinieri nell'ambito dell'inchiesta. Nei quattro mesi di intercettazioni telefoniche ed ambientali, i militari sono riusciti anche a sventare il progetto di un'evasione dall'istituto penitenziario di Velletri.
"Pizzini" per far entrare in carcere cellulari e droga - Non erano solo i cellulari i "mezzi di comunicazione" usati all'interno del penitenziario: durante l'operazione "Input" sono stati infatti rinvenuti anche numerosi "pizzini" con i quali un detenuto chiede allo zio di portargli cellulari e farmaci. "Qui c'è un infermiere che mi viaggia già - scrive il nipote -, gli do il tuo numero. Devi farmi entrare un telefono piccolissimo con due schede e un po' di pasticche...".
Procuratore Velletri: "Preoccupa diffusione fenomeno" - "C'è preoccupazione per la potenziale diffusione del fenomeno. Sorprende la facilità con cui i detenuti riuscivano a introdurre droga e cellulari in carcere". Queste le parole del procuratore di Velletri, Francesco Prete. "Non si possono escludere fenomeni analoghi altrove. Di sicuro sono stati riscontrati a Velletri, Rebibbia e Viterbo", ha quindi aggiunto il procuratore prevedendo sviluppi dell'indagine anche in altre carceri italiane.